Giardino_Abbaziale_Prati_Burovich

Giardino Abbaziale e Prati Burovich

Il giardino del complesso dell’abbazia di Santa Maria in Sylvis si estende nel centro storico dell’abitato, in continuità con gli spazi verdi della residenza Burovich, cinti da fossati a nord-est e raccordati da un ponte in legno.

Il giardino dell’abbazia presenta un impianto naturalistico, mentre quello del palazzo è all’italiana.

All’inizio dell’Ottocento il terreno era destinato a orto o a prato e nei pressi dell’abbazia sorgeva un cimitero poi dismesso. Alla prima metà del Novecento risale la composizione del giardino Burovich, armonicamente ripartito secondo tracciati geometrici lungo un asse centrale e ritmato dai parterres topiari in bosso; risente però anche di modalità compositive già affermatesi soprattutto oltralpe, con grande interesse per le rose e per i giochi cromatici delle corolle dei fiori, così come per un raffinato rapporto tra luce ed ombra, determinato dalle arcate di rose. I Burovich de Szmajevich, originari della cittadina dalmata di Perasto, agli inizi del Settecento si erano trasferiti in terraferma veneta avendo acquisito dalla Serenissima il titolo di conti.

Tra il 2001 e il 2006 sono stati effettuati gli interventi di recupero e di valorizzazione dell’area che è stata destinata a spazio pubblico e del palazzo che è ora sede comunale.

Alla recintazione del giardino in siepe di carpino bianco si sostituisce, per un tratto, un graticcio ligneo “a gelosia”, ricoperto di rose, che separa la parte del parterre vivente da quella in pietra e sasso. Vi si possono ammirare iris, gigli, scille, narcisi, anemoni, nigelle, lavande, primule selvatiche, fragole a frutto piccolo, violette e una gran varietà di aquilegie.

Nelle zone d’ombra troviamo, inoltre, felci, ellebori, acanti, gruppi di mughetti e di bucaneve. Lungo un vecchio muro crescono ortensie, felci, ellebori e anemoni giapponesi e, sulla facciata interna del palazzetto, le glicini arrampiacate su di arcate metalliche.

Si coltivano oltre quaranta varietà di rose: alcune rose d’epoca, appartengono all’impianto originario, mentre fra quelle moderne si annoverano le cosiddette “rose inglesi” dovute al notissimo ibridatore David Austin; tra le rose storiche è notevole un esemplare di Cardinal de Richelieu, che ha assunto una dimensione davvero rara per questo tipo di varietà.

 

Informazioni


Indirizzo: Piazza Castello 1, Sesto al Reghena

Superficie totale: 2,10 ha

Impianto planimetrico: informale (giardino abbaziale) e all’italiana (Palazzo Burovich)

Condizione giuridica: proprietà pubblica (Comune di Sesto al Reghena) ed ecclesiastica

Peculiarità scenografiche e compositive: orto, uccellanda

Specie botaniche di rilievo: bosso, Ophiopogon japonica,varie specie di rose botaniche

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Arco di Riccardo

Secondo alcuni si tratterebbe di una delle antiche porte della Tergeste romana, edificate per volere di Ottaviano Augusto nel 33 a. C., altri invece ritengono che sia uno degli ingressi monumentali al santuario della Magna Mater. Alcune leggende popolari vorrebbero legarne il nome a Riccardo Cuor di Leone, tuttavia, pare probabile che fosse in origine chiamato Arco del Cardo, per il fatto che fosse posto in coincidenza del cardo massimo.

Oggi l’arco, decorato con lesene e capitelli corinzi, si trova nella città vecchia, in Piazzetta Barbacan, dove si erge, addossato a costruzioni più tarde, con i suoi 7 metri di altezza.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Piazza del Barbacan, Trieste

Informazioni: Ufficio Turistico di Trieste, Piazza Unità d’Italia 4b – Tel: +39 040 3478312; fax: +39 040 3478320; e-mail: info.trieste@turismo.fvg.it

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Città fortificata di Palmanova

Nel 1593, perduta la piazzaforte di Gradisca, i veneziani firmarono, nel vicino castello di Strassoldo l’atto di fondazione della fortezza di Palma: nuovo baluardo strategico per la difesa del territorio della Serenissima contro l’Impero e l’Oriente turco-ottomano. La città stellata, cinta da poderosi bastioni a nove punte e ampi fossati, è un felice compendio della trattatistica rinascimentale sulla città ideale. Al suo centro sorge la Piazza Grande, l’antica piazza d’armi a forma di esagono perfetto da cui partono sei strade radiali. Emblema della città-fortezza è il Leone di San Marco che riposa tranquillo sotto una palma e, in effetti, la fortezza restò inespugnata per duecento anni, fino alle invasioni napoleoniche.

La prima pietra fu posta il giorno di Santa Giustina, acclamata patrona della città, nonché l’anniversario della vittoria di Lepanto sui Turchi. La città è divisa in nove settori che ricordano i firmatari del suo atto di nascita: Grimani, Savorgnan, Foscarini, Villachiara, Contarini, Garzoni, Monte, Donato e Barbaro. Alla città poligonale, ribattezzata da Napoleone Palma la Nuova, si accede attraverso tre porte progettate da Antonio Scamozzi a cavallo tra il XVI e il XVII secolo.

Il primo weekend di settembre si tiene la rievocazione storica A.D. 1615. Palma alle armi che ricorda l’inizio della guerra degli uscocchi o guerra del Friuli contro gli austriaci, l’ultima tra Austria e Venezia.

 

Informazioni


Informazioni:

www.comune.palmanova.ud.it – Comune di Palmanova, Piazza Grande 1 – tel.: +39 0432 922111; fax: +39 0432 923346

Ufficio Turistico, Borgo Udine 4 – Tel.: +39 0432 924815 – aperto tutti i giorni 10.00-12.00

 

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Castello_Ruttars_Dolegna_Collio

Castello di Ruttars

Le vicende storiche della fortificazione sita nel borgo di Ruttars sono ancora poco note anche perché fu spesso confuso con il vicino castello di Trussio.

Un documento datato 1289 ci informa che il Patriarca di Aquileia Raimondo della Torre, per sostenere i costi della guerra contro i veneti, vendette la villa di Ruttars a Giovanni di Zuccola.

Dell’antico fortilizio in cima al colle resta ancora la torre portaia di forma quadrata, detta Torre di Marquardo di Montelongo – in onore del Patriarca di Aquileia che diede codificazione al diritto locale vigente con le Constitutiones della Patria del Friuli nel 1366 – e il muro di cinta che racchiude il borgo con le case e la chiesa di San Vito e Modesto, il cui campanile era una dismessa torre di vedetta.

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Ruttars (Dolegna del Collio)

 

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Parco di Villa Varda

Villa Morpurgo, acquisita e ristrutturata nel 1868 dalla facoltosa famiglia triestina dei Morpurgo de Nilma, è immersa nel suggestivo parco che si affaccia su un’ampia ansa del fiume Livenza. La residenza padronale, originaria del XV secolo, apparteneva in origine alla nobile famiglia bergamasca dei Mazzoleni.

Nei pressi delle costruzioni architettoniche di ispirazione rinascimentale si incontrano piccoli parterre, aiuole e rigogliosi cedri, mentre, inoltrandosi nel parco, i vasti prati incorniciati da lunghi viali di tigli.

La serra ad arcate ospitava le essenze esotiche che erano il vanto della famiglia, forse a memoria dei viaggi in Egitto con cui Carlo Marco Morpurgo aveva avviato la sua fortuna economica. Di particolare bellezza l’aranciera, con terrazza e balaustra in pietra che si affaccia sul fondale ombroso del bosco, interrotto da un varco che lascia spaziare lo sguardo sulle placide acque del fiume.

Entro la metà del Novecento fu costruito anche un mausoleo in forme neoclassiche, dove vennero tumulati gli ultimi discendenti e, nel 1926, l’architetto Domenico Rupolo restaurò la cappella gentilizia eretta nel 1670 da Fabio Mazzoleni. Nel 1932, sopra una vecchia ghiacciaia, fu costruita una torre merlata contenente un serbatoio per l’irrigazione e i giochi d’acqua. Recentemente sono stati restaurati anche l’edificio agricolo detto Canevon e l’annesso ‘giardino delle rose’.

Il parco, inoltre, è ricco di varietà arboree autoctone come cedri, salici, pini, carpini, olmi, aceri, noccioli, gelsi e ciliegi; vanta, inoltre, essenze diffuse in Europa solo a partire dall’Ottocento come il librocedro, la fotinia, la sofora e il ginepro della Virginia.

Nel 1943 Mario Morpurgo, ultimo esponente della casata, lasciò la proprietà al Seminario arcivescovile di Pordenone, che, tuttavia, lasciò il complesso in stato di abbandono, finchè, nel 1975, lo cedette alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia che, a sua volta lo affidò al Comune di Brugnera.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Villa Varda di San Cassiano 7, Villa Varda (Brugnera)

Superficie totale: 18,00 ha

Impianto planimetrico: geometrico (giardino a parterre), naturalistico informale (parco)

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Brugnera

Peculiarità scenografiche e compositive: affacci sul fiume Livenza, aiuole, cappella, mausoleo, serra, torre, vialetti

Specie botaniche di rilievo: fotinia, libocedro, sophora

Orari di apertura: estivo 8.00-20.00; invernale 8.00-16.00

Informazioni: www.comune.brugnera.pn.it; www.villevenete.org

E-mail: segreteria@com-brugnera.regione.fvg.it; cultura@comune.brugnera.pn.it

Tel.: Ufficio Cultura – +39 0434 616738

Fax.: +39 0434 624559

Servizi: Bookshop

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Molo Audace

Il molo che avanza nel mare davanti a Piazza dell’Unità d’Italia fu inizialmente chiamato San Carlo, perché costruito sul relitto dell’omonima nave affondata nel porto nel 1740, finché il 3 novembre 1918, alla fine della prima guerra mondiale, il cacciatorpediniere Audace fu la prima nave della Marina italiana ad attraccarvi. Per ricordare questo momento storico sull’ultimo lembo di terraferma proteso sul mare è stata collocata una rosa dei venti in bronzo.

La lunga passeggiata di pietra bianca si anima nelle giornate della Barcolana quando le acque del golfo si colorano delle vele issate dai regatanti.

Sulla Riva Caduti per l’italianità di Trieste sono collocate due statue di Fiorenzo Bacci: il bersagliere che sale le scale della banchina e Le Ragazze di Trieste, due figure femminili intente a cucire il tricolore.

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Porto di Trieste

Informazioni: Trieste Infopoint, via dell’Orologio, 1 (angolo Piazza Unità d’Italia) – tel.: +39 040 3478312; fax: +39 040 3478320; e-mail: info.trieste@turismofvg.it

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ALTRO IN ZONA
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Borgo di Erto e Casso

Situato al limite più occidentale del Friuli Venezia Giulia, il comune di Erto e Casso è immerso nella natura della splendida valle del Vajont, coronata dalle cime dolomitiche. I due paesi, sorti sulle opposte pendici della frana del Monte Toc, sono stati dichiarati Monumento nazionale per la loro spontanea e autentica architettura di montagna in pietra locale dal tipico colore rosato.

L’aspetto rurale è rimasto inalterato nel tempo, lasciando memoria delle vecchie usanze e lavorazioni artigianali. Pur essendo vicini i due paesi hanno un’origine differente e distinti dialetti e tradizioni. Sono però legati dal profondo segno che il disastro del Vajont ha lasciato su di essi.

Nelle strette vie ciottolate, tra le alte case in pietra, non si dimentica che un altro paese si sia sostituito al vecchio: lungo le strade sono visibili le fondamenta delle case distrutte dall’onda e la frana domina ancora severa vicino alla diga. La chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, custodisce al suo interno un crocifisso ligneo di Andrea Brustolon.

I numerosi percorsi escursionistici nei dintorni e nella Val Zemola offrono la possibilità di visitare le vecchie malghe abbandonate e di ammirare i singolari corpi rocciosi dei Libri di san Daniele sul Monte Borgà. A Erto si trova una palestra di roccia naturale conosciuta a livello internazionale.

Ricca di fascino è l’antica rappresentazione della Passione che da secoli si svolge a Erto nel Venerdì Santo per tener fede a un voto. Il Comune ospita l’Ecomuseo Vajont e fa parte dei Borghi Autentici d’Italia.

 

Informazioni


Dove: Erto e Casso, provincia di Pordenone

Informazioni: www.comune.ertoecasso.pn.it

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