Giardino_Piazza_Primo_Maggio_Udine

Giardino Piazza Primo Maggio

Il giardino è posto al centro di piazza Primo Maggio, a oriente della collina su cui sorge il Castello. L’attuale Giardin Grande, anticamente compreso tra le due rogge urbane e il colle del Castello, era soggetto a frequenti allagamenti a causa della depressione del terreno, a cui si pose soluzione solo nel secondo Cinquecento con interventi di bonifica. Alla fine del Duecento l’area era denominata «Zardinum Domini Patriarchae» e rimase proprietà patriarcale fino all’arrivo dei veneziani; se ne attesta l’uso collettivo per le pubbliche fiere nel 1486. Negli stessi anni, il luogotenente Tommaso Lippomano introdusse la fiera di Santa Lucia.

In epoca austro-francese venne creato l’impianto tuttora esistente. Nel 1808 l’incarico fu affidato all’ingegner Antonio Lerner che disegnò la struttura ad ellisse con otto viali di passeggio radiali, convergenti verso la piazzola con l’aiuola ottagonale alberata. Lo storico ‘laghetto’ fu trasformato in una vasca d’acqua circolare circondato dalla «boschetta con dei viali disposti a capriccio».

La piazza è stata ristrutturata nel primo decennio del XXI secolo con il rifacimento dei vialetti e del manto erboso.

 

Informazioni


Indirizzo: Piazza Primo Maggio, Udine

Superficie totale: 2,00 ha

Impianto planimetrico: formale con schema geometrico

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Udine

Peculiarità scenografiche e compositive: peschiera, viale ellittico, viali

Specie botaniche di rilievo: platano, platano orientale

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Museo_Grande_Guerra_Timau1

Museo della Grande Guerra

La mostra permanente La Zona Carnia nella Grande Guerra 1915-1918 raccoglie le testimonianze dei fatti d’arme che si svolsero sul fronte della Carnia durante il primo conflitto mondiale, attraverso reperti bellici, documenti inediti, fotografie e armamenti. Tra i pezzi più importanti ci sono un cannone Skoda del 1915, proiettili di artiglieria, ogive e bombarde, nonchè ricche raccolte di decorazioni, monete, lettere e cartoline d’epoca. Inoltre, è dato spazio alla memoria delle portatrici carniche, volontarie che trasportavano i rifornimenti a chi combatteva sul fronte.

Sulle montagne che sovrastano Timau insistono i campi di battaglia e le posizioni belliche italiane ed austriache, queste ultime in particolare sono state recentemente ripristinate e fanno parte dei musei all’aperto del Freikofel e del Pal Piccolo. In esposizione sono proposti numerosi ritrovamenti effettuati su queste alture dall’associazione Amici delle Alpi Carniche e dal Comune di Paluzza, che restituiscono un vivido quadro dell’asprezza della vita di trincea in alta quota: contenitori di alcolici, stufe, sigarette intatte dentro una tasca per cartucce, giornali e una fisarmonica, oltre agli equipaggiamenti in dotazione ai soldati e, ancora, strumenti chirurgici, protesi per gli arti, medicinali e barelle.

Una sezione è inoltre dedicata ai costumi della popolazione di Timau. Gli abitanti, infatti, di origine tedesca, trasferitisi qui nel XII secolo, parlano un caratterisitco dialetto carinziano medievale.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Nazionale 90, Frazione Timau, Paluzza

Servizi: audioguida;accessibile ai disabili

Informazioni: www.museograndeguerratimau.it

Orari di apertura: giugno e ottobre sabato e festivi 9.00-12.00 e 14.00-18.00;

luglio e settembre da martedì a venerdì 14.30-18.30 e sabato e domenica 9.00-12.00 e 14.30-18.30; agosto tutti i giorni 9.00-12.00 e 15.00-19.00

Ingresso: € 3,00; gratuito per le scolaresche; sconto comitive di più di 30 persone

Tel.: 0433 779168 – 0433 779292

E-mail: museotimau@alice.it

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Palazzo_Cecchini_Cordovado

Palazzo Cecchini

L’ex convento dei domenicani, edificato nel Settecento nei pressi del Santuario della Madonna delle Grazie, fu diviso tra varie famiglie che ne fecero la propria residenza: Palazzo Cecchini, Palazzo Mainardi e Palazzo Marzin.

Palazzo Cecchini fu ristrutturato in stile eclettico mentre le rimanenti parti conservarono il porticato che corre lungo tutta la facciata. Il palazzo conserva affreschi ottocenteschi con scene allegoriche e patriottiche, grottesche e paesaggi di gusto pompeiano o neogotico. Oggi è sede della Biblioteca Civica e del Punto di informazione turistica, ospita mostre d’arte e iniziative culturali.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Piazza Cecchini, Cordovado

Informazioni: Circolo culturale Gino Bozza, via Cecchini 27, Cordovado – tel.: +39 0434 690265; e-mail: biblioteca.cordovado@libero.it

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ForraCellina

Riserva Naturale Forra del Cellina

La riserva circonda la Stretta del Cellina, una grande incisione valliva, tra i paesi di Andreis, Barcis e Montereale Valcellina, scavata dalle acque cristalline di questo torrente nei calcari di età cretacica. Lo spettacolare canyon verticale frutto di un imponente fenomeno di erosione fluviale è una intricata rete di forre confluenti create dai corsi dei torrenti Alba, Molassa e Cellina. L’area comprende il monte Fara e il monte I Cameroni, vetta più alta della Crode del Pic.

La maggior parte del territorio della riserva è costituito da rocce carbonatiche che hanno dato luogo a morfologie di tipo carsico (doline, scannellature, campi solcati e vaschette di corrosione) e a formazioni ipogee (pozzi, grotte, gallerie) come le Grotte Vecchia Diga dove si possono osservare stalattiti, stalagmiti e altre curiose formazioni concrezionali. L’azione erosiva ha dato luogo a strette gole e orridi in cui non mancano strutture derivate di grande bellezza, quali le Marmitte dei giganti, visibili presso il bivio Molassa, sottoescavazioni, rocce levigate e meandri, miriadi di sculture naturali prodotte nel corso dei millenni.

Le boscaglie di forra sono a prevalenza di carpino nero e tasso, tra cui fioriscono il giglio dorato e la spirea tormentosa. Il rigido microclima locale consente di trovare, anche alla base dei versanti, cespugli di erica e rododendro che crescono a quote molto più elevate. I ghiaioni sono colonizzati dal geranio crestato, la sassifraga gialla e la felce del calcare. Le rocce a strapiombo della forra sono ornate dai cespi violacei della campanula carnica e dal particolarissimo raponzolo di roccia.

Tra la fauna vanno ricordati il camoscio, che si può vedere sulla Croda del Pic, oltre al capriolo e il cervo, diffusi anche il tasso, la volpe, lo scoiattolo e il ghiro e, ancora, il falco pellegrino, l’aquila reale e il gufo reale.

La Vecchia strada con il suo suggestivo tracciato attraversa l’intera riserva permettendo di osservare le spettacolari forme di erosione che il torrente ha lentamente modellato incidendo la stretta forra tra il monte Fara e la Pala d’Altei.

 

Informazioni


Estensione: 304 ettari

Ubicazione: la riserva comprende i comuni di Andreis, Barcis, Montereale Valcellina e i torrenti Cellina, Molassa e Alba

Informazioni: www.riservaforracellina.it – Ente parco dolomiti friulane, via Roma 4, Cimolais – tel.: 042787333; fax 0427877900; e-mail: info@parcodolomitifriulane.it

Servizi: foresteria di Andreis e Cimolais; bar, ristorante, punti ristoro, aree pic-nic, punto fuoco, area giochi per bambini, area camper, noleggio biciclette, campeggio

Attività: visite guidate, mostra permanente

Centro visite: Località Ponte Antoi, Barcis

Orari di apertura: la vecchia strada della Valcellina è accessibile da maggio a ottobre le domeniche e i festivi, agosto tutti i giorni 10.00-18.00

Ingresso: € 2,00

Come arrivare: daSud percorrendo la strada statale 251 della Valcellina e Val di Zoldo, oltrepassato Montereale Valcellina, prima della galleria che attraversa il monte Fara a sinistra si diparte la vecchia strada che percorre la forra e quindi porta nella Riserva. Con la strada statale 251 si può proseguire fino all’uscita di Andreis e raggiungere la Riserva dirigendosi verso la località Molassa. Da Nord, prendendo la strada statale 251 all’altezza di Longarone, si prosegue in direzione di Barcis; oltrepassato l’abitato si svolta a destra verso la diga di Ponte Antoi nei pressi della quale si accede alla Riserva

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Castello_Ravistagno_Montenars

Castello di Ravistagno

Il castello di Ravistagno (dal tedesco Rabenstein, “rupe dei corvi”) faceva parte di un complesso fortificato che comprendeva anche il castrum di Artegna. I resti visibili sono ciò che resta di una struttura articolata con torri di vedetta, arroccata su uno sperone roccioso a strapiombo sul torrente Orvenco. I ruderi sui quali si sta effettuando il restauro conservativo risalgono ai secoli XII-XIV. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1287 il castello entrò in possesso dei Signori di Prampero, insieme ad altre famiglie, quasi tutte appartenenti all’aristocrazia di Gemona. Nel 1415 l’intero feudo fu dei Prampero, ai quali rimase fino al periodo napoleonico assieme alla giurisdizione su Prampero, Montenars, Flaipano, Pers e Plazzaris. Il castello subì gravissimi danni a causa del terremoto del 1348 e fu spoliato dagli abitanti del paese.

Attualmente si sta effettuando un restauro conservativo dell’edificio (oggi proprietà del Comune di Montenars) sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia. In origine era composto da una torre che sovrastava il cortile interno con pozzo-cisterna, circondato dalle stanze abitative e protetto dallo spesso muraglione, ora parzialmente recuperati.

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Montenars, Artegna

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Giardino_Abbaziale_Prati_Burovich

Giardino Abbaziale e Prati Burovich

Il giardino del complesso dell’abbazia di Santa Maria in Sylvis si estende nel centro storico dell’abitato, in continuità con gli spazi verdi della residenza Burovich, cinti da fossati a nord-est e raccordati da un ponte in legno.

Il giardino dell’abbazia presenta un impianto naturalistico, mentre quello del palazzo è all’italiana.

All’inizio dell’Ottocento il terreno era destinato a orto o a prato e nei pressi dell’abbazia sorgeva un cimitero poi dismesso. Alla prima metà del Novecento risale la composizione del giardino Burovich, armonicamente ripartito secondo tracciati geometrici lungo un asse centrale e ritmato dai parterres topiari in bosso; risente però anche di modalità compositive già affermatesi soprattutto oltralpe, con grande interesse per le rose e per i giochi cromatici delle corolle dei fiori, così come per un raffinato rapporto tra luce ed ombra, determinato dalle arcate di rose. I Burovich de Szmajevich, originari della cittadina dalmata di Perasto, agli inizi del Settecento si erano trasferiti in terraferma veneta avendo acquisito dalla Serenissima il titolo di conti.

Tra il 2001 e il 2006 sono stati effettuati gli interventi di recupero e di valorizzazione dell’area che è stata destinata a spazio pubblico e del palazzo che è ora sede comunale.

Alla recintazione del giardino in siepe di carpino bianco si sostituisce, per un tratto, un graticcio ligneo “a gelosia”, ricoperto di rose, che separa la parte del parterre vivente da quella in pietra e sasso. Vi si possono ammirare iris, gigli, scille, narcisi, anemoni, nigelle, lavande, primule selvatiche, fragole a frutto piccolo, violette e una gran varietà di aquilegie.

Nelle zone d’ombra troviamo, inoltre, felci, ellebori, acanti, gruppi di mughetti e di bucaneve. Lungo un vecchio muro crescono ortensie, felci, ellebori e anemoni giapponesi e, sulla facciata interna del palazzetto, le glicini arrampiacate su di arcate metalliche.

Si coltivano oltre quaranta varietà di rose: alcune rose d’epoca, appartengono all’impianto originario, mentre fra quelle moderne si annoverano le cosiddette “rose inglesi” dovute al notissimo ibridatore David Austin; tra le rose storiche è notevole un esemplare di Cardinal de Richelieu, che ha assunto una dimensione davvero rara per questo tipo di varietà.

 

Informazioni


Indirizzo: Piazza Castello 1, Sesto al Reghena

Superficie totale: 2,10 ha

Impianto planimetrico: informale (giardino abbaziale) e all’italiana (Palazzo Burovich)

Condizione giuridica: proprietà pubblica (Comune di Sesto al Reghena) ed ecclesiastica

Peculiarità scenografiche e compositive: orto, uccellanda

Specie botaniche di rilievo: bosso, Ophiopogon japonica,varie specie di rose botaniche

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Abbazia di Corno di Rosazzo

L’abbazia è situata a Corno di Rosazzo, in posizione isolata, sulle colline a Nord-Est di Manzano. Nelle giornate serene dal suo lato meridionale si gode di una vista mozzafiato che spazia dagli abitati di Manzano e Cormons fino al mare.

Fondata probabilmente tra il 1068 e il 1077, l’abbazia raggiunse in poco tempo un ruolo di primo piano, tanto che già nel 1361 era considerata tra le postazioni più sicure della Patria del Friuli. Dopo esser stata quasi distrutta nel 1509 dal duca di Brunwick, fu restaurata dall’architetto cividalese Vincislao Bojaniper; un ulteriore intervento si ebbe poi nel 1823.

Nel complesso fortificato sono ancora integri diversi fabbricati di pregio, come la chiesa di San Pietro e il bel chiostro del ’500. La chiesa fu costruita intorno all’anno Mille in stile romanico, con pianta regolare a tre navate; gli elementi architettonici risalenti all’Alto Medioevo, al Cinquecento e all’Ottocento risalgono alle epoche delle successive ristrutturazioni.

All’interno della chiesa abbaziale spiccano gli affreschi di Francesco India, detto il “Moro“ o anche “Torbido“, allievo del Giorgione, risalenti tutti al 1535. Del Settecento sono invece gli altari e le statue.

 

Informazioni


Abbazia di Rosazzo
Piazza Abbazia, 5
33044 Manzano – Loc. Rosazzo (UD)
Tel +39 0432.75.90.91
Fax +39 0432.75.36.43

Orari di visita: tutti i giorni: 9.00-12.00 e 15.00-18.00; la S. Messa viene celebrata la domenica alle ore 18,00.

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