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Fiume Fella

Il fiume Fella (Fele in friulano) nasce dal monte Mirnig (m. 1389) nelle Alpi Carniche, nei pressi di Malborghetto-Valbruna, dall’unione di alcuni torrenti minori, il più importante dei quali è il Saisera, e ha le caratteristiche di un tipico torrente alpino; attraversa la Val Canale ed il Canal del Ferro trasformandosi in fiume – pur mantenendo un carattere torrentizio – per confluire dopo 54 km nel Tagliamento nei pressi di Portis di Venzone. I suoi molti affluenti sono a sinistra i torrenti Dogna, Raccolana, Rèsia, il rio di Valbruna; a destra il rio Alba, i torrenti Aupa, Glagnò, Malborghetto, Pleccia, Pontebbana.

L’alveo del Fella è molto ampio, caratterizzato da un fondale di ciottoli medio-piccoli biancastri (rocce calcaree). Il bianco di questi ciottoli rende le acque del fiume particolarmente chiare, ed è da questa peculiarità che deriva il suo nome: dalla radice prelatina fel e dallo sloveno Bela (nel significato di bianco, limpido) derivano i termini antichi di Fellach (tedesco), Fele (friulano) poi divenuti Fela, Fella.

In caso di precipitazioni abbondanti, specialmente in primavera ed estate, piene improvvise possono mutarne la fisionomia, ampliando il suo letto e dividendone il corso in più rami.

Nel fiume Fella si trovano diversi tipi di pesce: dalla sorgente verso valle possiamo trovare prima la trota fario e iridea, poi la trota marmorata e infine il temolo.
 

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Museo cristiano e Tesoro del duomo

Il museo del duomo di Santa Maria Assunta ospita due opere fondamentali dell’arte longobarda: l’altare voluto dal Duca Ratchis (nipote di re Liutprando e in seguito anch’egli re dei longobardi) e il battistero di Callisto, una balaustra ottagonale finemente scolpita che sorregge una teoria di archi poggianti su colonne corinzie, fatto costruire dal primo Patriarca di Aquileia che si insediò a Cividale (731). Entrambi i monumenti sono stati inseriti nelle liste di candidatura del Patrimonio culturale dell’Unesco.

Il Tesoro del Duomo è costituito dall’ingente patrimonio di manufatti, suppellettili sacre, sculture, quadri, codici e pergamene raccolti nel corso della plurimillenaria storia cristiana dell’antica capitale.

La presenza cristiana a Cividale del Friuli risale al IV-V secolo e la centralità della città crebbe progressivamente con il ruolo di capitale del primo ducato longobardo in Italia (568 d. C.), e quindi della Marca Orientale di Carlo Magno, prima di essere sede stabile dalla metà dell’VIII e fino al XIII secolo della Corte del Patriarca di Aquileia.

Tra gli oggetti di oreficeria ci sono il calice ottoniano in argento dorato, il busto del Patrono della città, San Donato, risalente al 1374 e una rara pisside in noce di cocco e argento del Trecento; mentre, tra i dipinti, la Madonna del latte di un anonimo pittore manierista friulano, il Noli me tangere del Pordenone e due opere del Veronese. Notevole anche la cinquecentesca pianeta Barbaro di fattura turca già esposta al MoMa di New York, a Londra, Parigi e Venezia.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Giovanni Battista Candotti 1, Cividale del Friuli

Servizi: visita guidata su prenotazione, laboratori didattici, archivio documentale; accessibile ai disabili

Informazioni: www.mucris.it; e presso la Parrocchia di Santa Maria Assunta – Tel./fax: 0432 731144; www.provincia.udine.it/musei – www.patriarcatodiaquileia.it

Orari di apertura: da giugno a settembre tutti i giorni 10.00-13.00 e 15.00-18.00; da ottobre a maggio da mercoledì a domenica 10.00-13.00 e 15.00-18.00; in altri giorni e orari visite guidate su prenotazione (per gruppi di almeno 5 persone) – Tel.: 349 3541668

Ingresso: intero € 4,00; ridotto € 3,00; studenti € 2,00; ingresso cumulativo con Monastero di Santa Maria in Valle e Tempietto Longobardo, Museo Archeologico Nazionale, per informazioni www.cividale.net; tel.: 0432 710406

Tel./fax: 0432 730403

E-mail: parrocchiacividale@alice.it – info@mucris.it

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Lignano Pineta

Ciò che distingue la località di Lignano Pineta è la sua pianta urbanistica, progettata dell’architetto Marcello D’Olivo: una spirale immersa nel verde.

Sulla spiaggia ci sono nove stabilimenti balneari attrezzati con un’ampia possibilità di noleggio di materiali da spiaggia. L’arenile è dotato di passerelle per i disabili e i passeggini.

Tutti gli stabilimenti offrono attività di animazione per tutte le età, e scuola di nuoto e di windsurf. La spiaggia di Pineta è caratterizzata da un pontile che permette di passeggiare in mezzo al mare fino al bar “La Pagoda“; da qui si possono raggiungere i giochi acquatici (banana, ciambella e parafly).

La spiaggia viene pulita quotidianamente con appositi macchinari e si effettua la raccolta differenziata.

Il divertimento è offerto giorno e notte dal Pineta Fun Village, nelle due “versioni” Day e Night. Alla sera si può anche scegliere il verde della pineta del parco del mare, dove si organizzano gli spettacoli più vari, oppure passeggiare lungo il cosiddetto “treno” di negozi del centro.

A Lignano Pineta si trova una delle più note aree verdi di Lignano, il parco Hemingway, dedicato al famoso scrittore che qui trascorse lunghi periodi di vacanza e lavoro. All’interno del parco sono state ricavate piste ciclabili e aree sicure dedicate ai bambini, con altalene e scivoli circondati da magnifici pini, e una piccola arena.

Gli stabilimenti balneari di Pineta sono aperti dal 23 aprile al 25 settembre.

 

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Il castello di Gorizia

Il castello di Gorizia risale all’XI secolo anche se dell’antico mastio, abbattuto dai veneziani, restano oggi solo le fondamenta visibili all’interno della corte dei Lanzi. Situato sull’altura che sovrasta la città, entro le mura dell’antico borgo, il castello offre – percorrendo il cammino di Ronda – uno sguardo che abbraccia Gorizia e i territori della vicina Slovenia. Vi si accede attraverso la Porta Leopoldina, costruita nel 1660 in occasione della visita dell’imperatore Leopoldo d’Asburgo.

Nell’anno 1001 l’imperatore Ottone III donò metà del castello e del territorio di Salcano con la villa di Gorizia al patriarca Giovanni II e l’altra metà al conte Verihen del Friuli. Il primo conte di Gorizia, Marquardo III di Eppenstein, fece costruire un maniero e vi trasferì la sua residenza da Salcano, facendone un importante roccaforte in cui avevano luogo le attività amministrative e giuridiche della Contea di Gorizia.

L’aspetto attuale del maniero si deve ai successivi interventi tra i secoli XIII e XVI che aggiunsero nuovi corpi di fabbrica e fortificazioni. La parte più antica è costituita dal duecentesco palazzo dei Conti – ornato da bifore romaniche – cui si aggiunse, nel XV secolo, il palazzo degli Stati Provinciali e, tra il XVI e il XVII secolo, il cosiddetto Palazzetto Veneto.

Il castello passò alla fine del Quattrocento dalle mani dei conti di Gorizia – estintisi con Leonardo – agli Asburgo e nel 1508 ai veneziani che, capitanati da Bartolomeo d’Alviano, innalzarono nuove cinte murarie composte da bastioni e da torrioni e diedero una nuova configurazione agli interni.

Nel 1509 il castello ritornò tra i possedimenti della corona d’Austria e vi rimase per altri trecento anni, fino alla parentesi dell’occupazione francese del 1813-1814, in cui venne adibito a caserma. Nel XVIII secolo furono aggiunti nuovi bastioni e torri polveriere e il muralglione che si affaccia su Castagnevizza. Alcune opere difensive furono realizzate sotto la supervisione del matematico e astronomo Edmond Halley, scopritore dell’omonima cometa.

Il castello fu bombardato durante la prima guerra mondiale e ridotto in macerie. Il complesso restauro filologico, avviato negli Anni Trenta – a cura della famiglia Cossàr, sotto la direzione dell’architetto Ferdinando Forlati per conto della Soprintendenza delle Belle Arti di Trieste – ha restituito all’edificio la pianta pentagonale e l’aspetto complessivo che lo caratterizzavano nel XVI secolo.

Al piano terra trovano posto la sala da pranzo e la cucina arredati con tavoli e credenze d’epoca completi di stoviglie tardomedievali; il Museo del Medioevo Goriziano all’interno della suggestiva sala dei Cavalieri ospita una collezione di armi bianche in uso nella Contea di Gorizia dall’XI al XVI secolo e riproduzioni di macchine da guerra come catapulte e “scorpioni” usate per gli assedi.

Al piano nobile si trovano la Sala del Conte (oggi adibita a convegni) e il Salone degli Stati Provinciali sul quale si affaccia un grazioso ballatoio in legno; questa sala, abbellita dall’originale soffitto a cassettoni, ospita ogni anno importanti mostre.

Al secondo piano del Palazzetto dei Conti, oltre alla cappella palatina dedicata a San Bartolomeo, nella quale sono conservate opere di scuola veneta, si trova il cosiddetto Granaio, una sala didattica corredata da una stazione multimediale, ove sono esposti i plastici che illustrano l’estensione e lo sviluppo della Contea di Gorizia; l’aspetto del castello intorno al 1300; la ricostruzione dell’assedio alla città da parte delle truppe del Patriarca Bertrando nel 1340.

Nei pressi del borgo si trovano altri importanti musei quali il Museo della Grande Guerra, il Museo della Moda e delle Arti Applicate, la Pinacoteca e la Collezione Archeologica.

 

Informazioni


Indirizzo: Borgo Castello 36, Gorizia

Visite: all’interno Museo del Medioevo Goriziano

Orari: damartedì a domenica 10.00-19.00; lunedì 9.30-11.30; chiusura cassa 18.30; i giorni 24 e 31 dicembre orario ridotto 9.30 – 16.00; chiuso i giorni 25, 26 dicembre e 1° gennaio.

Ingresso: intero € 3.00; ridotto ragazzi da 6 a 24 anni (escluse scolaresche), anziani di età superiore ai 65 anni, gruppi di almeno 10 persone € 1,50; scolareschedi ogni ordine e grado 1,00 euro; gratuito minori accompagnati di età inferiore ai 6 anni, insegnanti accompagnatori (fino a 2 per classe), accompagnatori turistici e guide muniti di regolare attestato, portatori di handicap ed eventuale accompagnatore, laboratori o iniziative promozionali nell’ambito della programazione annuale.

Informazioni: urp@comune.gorizia.it

Uffici: Borgo Castello 36

Tel./Fax: 0481 535146

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ALTRO IN ZONA
FoceIsonzo

Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo

Qui l’Isonzo si divarica in due rami ritagliando un lembo di terra emersa chiamata Isola della Cona, collegata alla pianura tramite un argine. La riserva valorizza e tutela un enorme patrimonio biologico e di biodiversità.

Procedendo lungo i sentieri su passerella si può raggiungere la foce dell’Isonzo, costeggiando splendidi boschi e canneti e osservando paludi d’acqua dolce, praterie umide e golene fluviali, i tanti piccoli isolotti che emergono appena dal mare di Grado e danno rifugio a migliaia di uccelli come il gabbiano corallino, il mignattaio, l’airone rosso, il fraticello, il falco di palude, l’aquila di mare e la beccaccia di mare. Anche i bellissimi cavalli Camargue si sono perfettamente integrati nell’ambiente dove vivono allo stato brado.

Le oltre trecento specie di uccelli che popolano la riserva si possono ammirare dagli osservatori della Marinetta, del Biancospino o del Cioss, strutture armoniosamente inserite nel contesto naturale e dotate di sistemi energetici che sfruttano le fonti rinnovabili, in cui si possono approfondire le diverse realtà della riserva, osservandone nei dettagli l’habitat, la flora e la fauna.

 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Ubicazione: l’Isola della Cona di Staranzano comprende la parte terminale (circa 15 km) del corso del fiume Isonzo e la sua foce

Estensione: 2.500 ettari

Informazioni: www.riservafoceisonzo.it

Servizi: centro visite, ristoro, aree pic-nic, punto fuoco, rifugio escursionistico, noleggio biciclette, bookshop, infermeria, aree camper; accessibile ai disabili

Attività: percorsi didattici, escursioni guidate, osservatori, escursioni a cavallo, birdwatching, escursione in canoa su prenotazione, campi estivi, percorsi ciclabili che fiancheggiano l’antico bosco degli Alberoni, la laguna di Grado e il lungomare del golfo di Panzano

Centro visite: tutti i giorni 9.00-16.00

Tel.: 333 4056800

E-mail: inforogos@gmail.com

 

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Parco del Castello Morpurgo

Il complesso sorge sul colle di Buttrio e domina l’intera pianura fino al mare. Lo circonda un vasto parco che si sviluppa sulle pendici, composto da alberi d’alto fusto, terrazze erbose a ridosso della cinta merlata, che digradano verso i grandi terreni coltivati e i vigneti.

Il Castello di Buttrio, antecedente al XII secolo, fu distrutto nel 1306 e riedificato più volte nel corso dei secoli successivi, subendo ampie trasformazioni e ristrutturazioni. Entrato a far parte dei possedimenti della famiglia de Portis nel XVII secolo fu riadattato a villa. In seguito passò in proprità ai Varmo e quindi ai Morpurgo che all’inizio del XX secolo lo cedettero all’Ospedale civile di Udine.

Nel 1994 il complesso fu acquistato all’asta dall’impresa Vidoni prima di entrare in possesso della famiglia Felluga. Il decreto di vincolo a cui è soggetto il bene dal 1985 impedisce l’alterazione della morfologia dell’edificio e di tutta l’area circostante: «Un giardino-corte antistante i palazzetti è chiuso da un antico muro merlato verso la strada, sormontato da statue verso un altro giardino sottostante collegato con il primo da una doppia scalea. Il valore strategico dell’antico sito è messo in risalto dall’ambientazione del complesso […] su terreni digradanti a vigneto».

La manutenzione del parco è, pertanto, costantemente supervisionata dalla Soprintendenza.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Enrico Morpurgo 9, Buttrio

Superficie totale: 7,94 ha

Impianto planimetrico: informale (parco), a prato, a terrazze (giardino)

Condizione giuridica: proprietà privata

Specie botaniche di rilievo: alloro, carpino bianco, carpino, cipresso, magnolia, noce

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Castello di Prampero

L’anno di fondazione del castrum è il 1025, quando il Patriarca di Aquileia concesse in feudo un colle e diede licenza al feudatario originario di Augusta di costruirvi un castello (l’avvenimento è tramandato in una lapide antica ancora conservata). Il castello appartiene ancora a questo casato, che assunse il predicato di Prampero.

Già alla fine del Duecento il complesso era notevolmente articolato, con più circuiti murati, porte, torri, chiesa castellana e molti fabbricati. Si distinguono tre torri inserite nel muro di cinta del castello romanico: la torre Gemona a nord-ovest, la torre Nord (risalente all’anno di fondazione) e a sud-est la torre Tarcento con la cappella dei Santi Simone e Giuda dell’XI secolo. La prima, anch’essa forse anteriore al Mille, fungeva da residenza. Il Portale dei Leoni, che si apre sulla facciata meridionale, documenta un ampliamento dell’edificio di epoca ghibellina. Due erano i palatia: quello che congiunse la torre Gemona con la torre Nord e quello rovinato accanto alla Torre Tarcento.

Il castello, che subì il saccheggio e l’incendio del giovedì grasso del 1511, fu restaurato soltanto a partire dal 1567, tralasciando nella ricostruzione le opere di difesa ormai obsolete. Il maniero prese allora l’aspetto che mantenne fino al crollo del 1976. In seguito è stata ricostruita la torre nord coperta con loggia, il palatium, il muro di nord-est, il portale in pietra che immette nella corte e sono stati messi in sicurezza i percorsi che costeggiano il castello lungo il Rio Prampero; interamente restaurata è la sottostante chiesetta castellana di Santa Margherita.

 

Informazioni


Indirizzo: Via del Castello, Magnano in Riviera

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