Parco_Villa_Sartorio_Trieste

Parco Villa Sartorio

Il parco è situato nell’area suburbana del colle di Montebello che, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, era una delle aree più ricercate dalla emergente borghesia cittadina per le sue residenze di campagna.

Pietro Sartorio, commerciante di origine ligure, nel 1775, acquistò il podere Montebello e promosse interventi volti a farne assumere l’aspetto di un giardino veneto con un portale, una scala monumentale, statue e un padiglione per la musica.

Il figlio Giovanni Guglielmo Sartorio durante la prima metà dell’Ottocento ampliò l’estensione del giardino secondo il gusto romantico all’inglese inserendo molte specie provenienti dall’estero. La villa e il giardino ospitarono numerose feste e incontri mondani, frequentati dalle personalità politiche e culturali più in vista del tempo.

Nella seconda metà del secolo la proprietà fu ereditata da Pietro Sartorio che la cedette al Comune di Trieste all’inizio del Novecento.

Gli arredi scultorei del complesso furono collocati nella villa di città, oggi Civico Museo Sartorio ad eccezione dell’apparato legato al padiglione e alla gradinata.

Tra il 1924 e il 1935 la villa fu ampliata su progetto dell’architetto Lodovico Braidotti e convertita a dispensario antitubercolare per bambini.

Nella seconda metà del Novecento il parco, recintato su tutti i lati, è stato diviso in due aree: il pendio nord, con il padiglione, è rimasto legato alla struttura sanitaria, mentre il pendio sud – coperto da una macchia di sempreverdi – è stato invece utilizzato dalla municipalità come vivaio.

Recentemente ristrutturata, una parte del parco è stata riaperta al pubblico e dotata di zone di sosta e di un’area giochi.

La naturalistica alternanza tra spazi prativi e alberati, e i percorsi curvilinei creano dei piacevoli scorci prospettici sulle ben quaranta specie arboree di pregio che vi prosperano, tra cui querce e pini d’Aleppo. La serra storica può essere visitata su richiesta al personale.

 

Informazioni


Indirizzo: Strada di Fiume 225, Trieste

Superficie totale: 4,50 ha

Impianto planimetrico: all’inglese

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Trieste

Peculiarità scenografiche e compositive: busto scultoreo di Pietro Sartorio, padiglione con gradinata, pozzo, serre, stagno naturale, statue

Specie botaniche di rilievo: bagolaro, borsolo, pino d’Aleppo, pino marittimo, pino nero, pioppo bianco, platano, quercia

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Museo_Orologeria_Pesarina

Museo dell’Orologeria Pesarina

L’esposizione racconta la secolare storia della produzione orologiaia di Perariis, attività che rappresentò per la vallata e per la Carnia un fenomeno sociale ed economico: fin dal Seicento, infatti, nelle case del paese si producevano pregiati orologi a pendolo. Si tratta di un patrimonio storico e scientifico che vanta una gran varietà di esemplari, catalogati per fase tecnologica: dagli svegliarini monastici a quadrante mobile che segnavano soltanto l’ora agli antichi orologi domestici pesarini con meccanismo a ripetizione dell’ora; dagli orologi da torre settecenteschi a quelli delle stazioni ferroviarie degli inizi del Novecento.

Nel XVII secolo i primi orologi meccanici con suoneria oraria scandivano il lavoro nei campi dai portici delle case padronali, lasciando il passo, nel secolo successivo, ai grandi orologi pubblici, collocati sulle torri civiche e campanarie – celebri quelli della ditta dei fratelli Solari –, che continuano a svolgere il compito fondamentale di misuratori del tempo sociale.

Il XX secolo è segnato dall’invenzione degli orologi a palette – ideati da Remigio Solari attorno agli anni Quaranta – e dal famoso Cifra3, tuttora esposto al Museum of Modern Art di New York.

Il percorso prosegue lungo le vie del paese, dove si affacciano i 12 orologi monumentali.

Informazioni


Indirizzo: Frazione Pesariis 124, Prato Carnico

Servizi: visite guidate, laboratori didattici, audioguide, applicazioni mobile

Informazioni: www.pesariis.it – www.valpesarina.org/museo – www.prolocovalpesarina.it – www.carniamusei.org – Ufficio Turistico di Prato Carnico, Frazione Pieria 93/A – Tel./Fax: 0433 69420

Orari di apertura: tutti i giorni nei mesi estivi; in febbraio e marzo sabato e domenica 11.00-17.00; nei mesi invernali festivi e su richiesta

Visite: su prenotazione visite per gruppi e scolaresche telefonando al Municipio di Prato Carnico – Tel.: 0433 69034; prenotazione dei laboratori didattici per le scuole presso gli Uffici CarniaMusei – Tel.: 0433 487779; E-mail: carnia.musei@cmcarnia.regione.fvg.it

Ingresso: intero e visita guidata € 1,00; ridotto € 0,50; visita guidata al Museo e al percorso monumentale (gruppi di almeno 5 persone) € 2,00; ridotto € 1,00 (dai 7 ai 18 anni e titolari CartaGiovani); gratuito fino a 6 anni, scolaresche fino alla scuola secondaria di I grado, disabili

E-mail: anagrafe@com-prato-carnico.regione.fvg.it

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Fiume_Isonzo

Fiume Isonzo

Il fiume Isonzo, che nasce a 1.100 metri d’altitudine in Val Trenta (Slovenia), nelle Alpi Giulie, ha tanti nomi quanti i popoli che ha incontrato: a partire probabilmente dal celtico “Eson”, poi il latino Aesontium, trasformato in Sontium (da cui il tedesco Sontig), lo sloveno Soča (femminile), le varianti friulane Lusinç (in friulano standard), Isuns, Lisuns, Lusinz, Lusins, fino al dialettale Lisonz in bisiaco.

L’Isonzo ha un regime essenzialmente alpino influenzato anche dalla notevole presenza di sorgive carsiche che lo alimentano costantemente.

In Slovenia il fiume, le cui acque hanno il colore dello smeraldo, scorre fra canyon e boschi, in un paesaggio incantevole: ogni tanto una passerella in legno ne attraversa il corso impetuoso. In Val Trenta suoi affluenti sono i torrenti Lepena, Coritenza e Uccea. A Tolmino (Tolmin) riceve le acque del Tolminka e a Santa Lucia d’Isonzo (Most na Soči) quelle del fiume Idria. Entrando in territorio italiano presso Gorizia riceve le acque del Vipacco, in territorio carsico, poi quelle del torrente Groina e del Piumizza e, più avanti, verso il mare, del Torre, per poi concludere il suo percorso di 136 km raggiungendo l’Adriatico fra Staranzano e Grado, a Punta Sdobba, caratterizzando con il suo corso quella parte di territorio chiamata Isontino.

L’Isonzo è importante non solo dal punto di vista naturalistico, ma anche storico: teatro di battaglie fin dal 300 d. C. fra cristiani e pagani, viene storicamente associato alla prima guerra mondiale per le dodici battaglie che prendono il suo nome, nelle quali morirono oltre 300.000 soldati tra italiani e austroungarici.

Nell’alta Valle dell’Isonzo le sue acque limpide ospitano la trota marmorata, che però è ritenuta a rischio di estinzione, soprattutto a causa dell’introduzione della trota fario, con la quale si ibrida. Sulla foce del fiume, all’Isola della Cona, dal 1996 esiste un’area naturale protetta denominata Riserva naturale della Foce dell’Isonzo che si estende per oltre 3.600 ettari e ospita moltissime specie botaniche e faunistiche, fra cui i cavalli Camargue con cui è possibile fare delle escursioni. Molte le specie di uccelli migratori che si fermano alla foce, per la gioia degli appassionati di birdwatching che trovano apposite strutture dedicate all’osservazione.

 

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Italo Svevo: Itinerari Triestini

James Augustine Aloysius Joyce nasce nel 1882 da una famiglia della media borghesia cattolica dublinese. Dopo aver frequentato il Clongowes Wood College, gestito da gesuiti, si laurea in lingue straniere (francese e italiano) e si trasferisce a Parigi per studiare medicina ma – sia per la difficoltà delle lezioni in francese sia per problemi finanziari – non continua gli studi, ritornando a Dublino.

Del 1904 è il primo tentativo di pubblicare Ritratto di artista, il racconto che poi diventerà Stephen Hero e successivamente Ritratto dell’artista da giovane e le prime poesie della raccolta Musica da camera.

Insofferente al provincialismo bigotto di Dublino, Joyce lascia la città con Nora Barnacle conosciuta pochi mesi prima e che sposerà nel 1931. Informato che alla Berlitz School di Trieste si era reso disponibile un posto di insegnante di inglese, James assieme a Nora, raggiunge la città adriatica per scoprire che il posto non è libero. Viene quindi mandato alla filiale che l’istituto aveva aperto a Pola, in Istria, da dove però nel marzo 1905 tutti gli stranieri vengono espulsi per ragioni di controspionaggio. Tornato a Trieste, la Berlitz lo assume e inizia uno dei periodi più fecondi per la sua produzione letteraria.

Durante il suo soggiorno triestino Joyce completa la raccolta di racconti Gente di Dublino, pubblica una seconda stesura della raccolta di poesie Musica da camera, scrive il poema in prosa autobiografico Giacomo Joyce e inizia, oltre al dramma Esuli, il lavoro che gli darà fama internazionale: l’Ulisse.

Importantissima è la sua amicizia con Ettore Schmitz, alias Italo Svevo, “scrittore negletto” secondo le stesse parole di Joyce, che lo conosce nel I 907 quando Svevo deve imparare l’inglese per gestire la fabbrica di Londra della ditta di vernici Veneziani. Svevo è considerato uno dei modelli di Leopold Bloom, soprattutto negli aspetti più propriamente ebraici.

Durante la prima guerra mondiale Joyce si trasferisce a Zurigo dove finisce Esuli e continua il lavoro sull’Ulisse. Torna a Trieste nel 1919 ma, deluso dal nuovo clima della città passata all’amministrazione italiana, ci resta meno di nove mesi per poi partire per Parigi dove rimarrà per i successivi vent’anni.

Nel 1922 comincia Work in progress che rinominerà Finnegans Wake, lavoro che occuperà sedici anni della sua vita.

James Joyce è sepolto a Zurigo, dove morì nel 1941 dopo essere fuggito da Parigi nell’imminenza dell’arrivo delle truppe naziste.

 

Vedi Italo Svevo: Itinerari triestini / Italo Svevo: Triestine Itineraries a cura di Renzo S. Crivelli e Cristina Benussi; introduzione di Claudio Magris, MGS Press, Trieste 2006

 

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CASA NATALE DI ARON HECTOR SCHMITZ ALIAS ITALO SVEVO
Via dell’Acquedotto, 16 (oggi viale XX Settembre, 16)
Vi nacque Hector Aron Schmitz il 19 dicembre 1861 da Allegra Moravia e Francesco. In questa casa rimane fino al 1881. Le strade adiacenti alla contrada sono il palcoscenico sul quale si muovono molti personaggi delle sue creazioni letterarie.
Una sera, al principio di gennaio, il Balli, con un infinito malumore, camminava soletto lungo l’Acquedotto
- Senilità, 1898 -

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SCUOLA ELEMENTARE
Via della Legna, 5 (oggi via Gallina, 5)
Ettore Schmitz frequenta le elementari alla scuola privata maschile diretta da Sabbato Raffaele Melli, che allora era il vice-rabbino di Trieste. La scuola era situata nella stessa abitazione del Melli, in via della Legna, ora Gallina che porta da piazza San Giovanni a piazza Goldoni, già della Legna, così chiamata per lo svolgersi del mercato della legna da ardere proveniente dall’Istria.
A 11 anni passa quindi alla scuola privata ebraica di Emanuele Edeles e dal 1874 al 1878 al Brussel’sche Institut di Segnitz in Baviera.

3

SCUOLA SUPERIORE DI COMMERCIO “PASQUALE REVOLTELLA”
Via Carducci, 12
Fra il 1878 e il 1880 frequenta la scuola superiore di Commercio Revoltella, istituto tecnico commerciale fondato dal barone Pasquale Revoltella. Ettore tornerà da insegnante alla scuola. L’istituto costituì il primo nucleo dell’Università di Trieste come facoltà di Economia e Commercio.

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FILIALE N. 12 DELLA BANCA UNION
Galleria Tergesteo, scala 1 (oggi via Einaudi, 1)
Il 27 settembre 1880 interrompe gli studi a causa di problemi economici della famiglia e inizia a lavorare presso la sede triestina della Banca Union di Vienna come impiegato alla corrispondenza estera. In questi anni Svevo scrive Una Vita, il suo primo romanzo, nel quale il protagonista Alfonso Nitti è un impiegato di banca.
Lascerà la banca nel 1898, dopo il matrimonio, per andare a lavorare alla fabbrica Veneziani. La galleria si trova vicino al palazzo della Borsa ed era luogo d’incontro degli uomini d’affari triestini. Proprio al Tergesteo nella Coscienza di Zeno il protagonista conoscerà Giovanni Malfenti, suo futuro suocero.
Ero venuto al Tergesteo per consiglio dell’Olivi che mi diceva sarebbe stato un buon esordio alla mia attività commerciale frequentare la Borsa.
-La coscienza di Zeno, 1923 –

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BIBLIOTECA CIVICA ATTILIO HORTIS
Piazza Lipsia (oggi piazza Attilio Hortis)
Il palazzo edificato tra fine ’700 e inizio ’800, divenuto proprietà Biserini nel 1804, passato al Comune che nel 1817 vi sistemò l’Imperial Regia Accademia di Commercio e Nautica, fu ristrutturato da Pietro Nobile. La Biblioteca Civica vi si insediò nel 1820.
Nel 1873 fu nominato suo direttore Attilio Hortis studioso e politico a cui nel 1950 vennero intitolate la biblioteca e la piazza antistante. Ettore Schmitz e Alfonso Nitti vi si recavano dopo il lavoro alla banca.
Scoperse la biblioteca civica e quei secoli di cultura messi a sua disposizione, gli permisero di risparmiare il suo magro borsellino. Con le sue ore fisse, la biblioteca lo legava, apportava nei suoi studii la regolarità ch’egli desiderava.
In biblioteca fece poche conoscenze. Entrava nella lunga sala di lettura tutta occupata da tavoli disposti parallelamente, occupava un posto qualunque e per qualche tempo con la testa fra le mani era tanto assorto nella lettura da non vedere neppure chi accanto a lui sedesse.
- Una Vita, 1892 -

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STATUA
Piazza Hortis
Opera dello scultore Nino Spagnoli, la statua bronzea collocata nella piazza nel 2004, rappresenta lo scrittore che si reca alla Biblioteca Civica.

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ABITAZIONE DELLA GIOVINEZZA
Via Battisti, I2 (Corsia Stadion, 12)
Negli anni in cui Ettore lavora alla banca Union, risulta che la famiglia Schmitz abitasse in Corsia Stadion, dove si era trasferita da via dell’Acquedotto, sua parallela.
Ebbi la ventura di trovare in Corsia Stadion un portone ancora aperto e illuminato in cui mi rifugiai proprio a tempo! Subito dopo il nembo s’abbatté sulla via. Lo scroscio di pioggia fu interrotto da una ventata furiosa che parve portasse con sé anche il tuono tutt’ad un tratto vicinissimo. Trasalii! Sarebbe stato un vero compromettermi se fossi stato ammazzato dal fulmine, a quell’ora, in Corsia Stadion! Meno male ch’ero noto anche a mia moglie come un uomo dai gusti bizzarri che poteva correre fin là di notte e allora c’è sempre la scusa a tutto.
- La coscienza di Zeno, 1923 -

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PORTICI DI CHIOZZA
I portici di Chiazza, dal nome dell’architetto che li progettò, all’epoca di Svevo erano a due arcate (ne sopravvisse una sola nella successiva ristrutturazione del palazzo). Svevo vi si recava per frequentare l’omonimo caffè, luogo d’incontro di artisti e intellettuali e in particolare per vedersi con l’amico pittore Umberto Veruda (ispiratore del personaggio di Stefano Balli in Senilità). Veruda, assieme ai colleghi pittori Carlo Wostry e Isidoro Grünhut, aveva lo studio proprio accanto al caffè, al numero 20 di via Carducci. Accomunati dalla passione per l’Impressionismo tedesco, questi tre artisti diedero vita a una delle migliori stagioni dell’arte pittorica triestina della fine del XIX secolo, furono inoltre tra i più fervidi promotori del Circolo Artistico Triestino a partire dal 1884.
Una sera egli doveva trovarsi con lei alle venti precise, ma mezz’ora prima, il Balli mandò ad avvisarlo che lo attendeva al Chiozza, giusto a quell’ora, per fargli delle comunicazioni importantissime.
- Senilità, 1898 -

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TEATRO VERDI
Piazza Verdi, 1
Svevo e la moglie Livia Veneziani frequentavano abitualmente il teatro lirico cittadino benché Svevo fosse maggiormente interessato alla prosa, i cui spettacoli si tenevano prevalentemente in altre sale: quelle del Teatro Filodrammatico e del Politeama Rossetti.
Per quella sera non trovò il Balli. Sul tardi venne fermato dal Sornioni il quale ritornava dal teatro. Dopo il saluto, subito, costui raccontò di aver vista a teatro, in prima galleria,Angiolina colla madre; bellissima davvero con una vita di seta gialla e un cappellino di cui non si vedevano che due o tre grandi rose nell’oro dei capelli.

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CAFFÈ FABRIS
Via Caserma, 9 (oggi piazza Dalmazia, 4)
Nell’Ottocento le colline di Romagna e Scorcola segnavano i limiti della città e nel verde di quelle alture alcune ricche famiglie avevano costruito le loro ville. Il Caffè Fabris era luogo di appuntamenti ed era collocato nel punto di confluenza tra via di Romagna e via Fabio Severo. Gli ampi locali del caffè ospitavano intellettuali e uomini d’affari che giocavano a biliardo, scrivevano in tranquillità o leggevano i giornali e le riviste sempre presenti sui tavolini. Anche Svevo frequenta il caffè e lo ricorda in Senilità.
Era probabile che Angiolina rincasasse dalla parte di via Romagna [...] gli parve di veder passare dinanzi al caffè Fabris Angiolina accompagnata da Giulia e da un uomo che doveva essere l’ombrellaio.
- Senilità, 1898 -

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BERLITZ SCHOOL
Via San Nicolò, 32
Nel 1907, per seguire gli affari della ditta di vernici che ha aperto una filiale a Londra, Svevo ha bisogno di approfondire la conoscenza della lingua inglese e il giovane irlandese James Joyce, insegnante alla Berlitz School, si reca tre volte alla settimana a villa Veneziani per offrire delle lezioni cui spesso assistevano anche la moglie Livia e la figlia Letizia. Tra i due scrittori nasce un rapporto di reciproca stima ed è grazie all’intervento di Joyce, che nel dopoguerra si trasferisce a Parigi, che la Coscienza di Zeno ottiene l’attenzione della critica francese e quindi di quella italiana.

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GIARDINO PUBBLICO DETOMMASINI
Angolo via Battisti – via Giulia
Il busto bronzeo di Italo Svevo, opera dello scultore Giovanni Mayer, viene scoperto nel giardino pubblico al cospetto dei familiari e delle autorità cittadine il 26 aprile 1931. L’8 settembre del 1939, il busto viene abbattuto e lordato e i giornali fascisti ne danno notizia con soddisfazione. Sul milanese “Il Popolo d’Italia” del giorno successivo si legge: “Un busto inutile eliminato” e “La Tribuna” di Roma incalza: “Questa notte è stato deposto dal piedistallo il busto in bronzo di Italo Svevo, scrittore noto soltanto perché ebreo”. Fra gli altri numerosi busti di artisti e personalità triestine che si incontrano nel giardino ci sono anche quelli di Livia Veneziani e di James Joyce.
Ero appena uscito dal Giardino Pubblico che m’imbattei proprio faccia a faccia in mia suocera. Dapprima ebbi un dubbio curioso: di mattina, così di buon’ora, da quelle parti tanto lontane dalle nostre? Forse anche lei tradiva il marito ammalato.
- La coscienza di Zeno, 1923 -
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Castello_Mocco

Castello di Moccò

La prima menzione del castello posto a guardia della Val Rosandra risale al 1233 – come «Castro de Muchou» – anno in cui il vescovo di Trieste lo diede in consegna a dei ministeriali che assunsero il predicato de Mucho.

Il castello, insieme a quello di Moncolano, nei pressi di Prosecco, presidiava la strada che collegava il litorale con la Carniola e l’Istria, fondamentale per i traffici mercantili e, pertanto, lungamente conteso tra Venezia e Trieste.

Nel 1268 venne distrutto dai capodistriani e ricostruito dal Patriarca di Aquileia che in seguito lo cedette al Comune di Trieste.

Assediato e preso dai veneziani più volte nel corso dei secoli, nel 1511, in seguito all’ennesima guerra austro-veneta, il vescovo di Trieste Pietro Bonomo alla guida delle milizie triestine e alle truppe boeme e croate fornite dall’imperatore ottiene la resa dei veneziani asserragliati nel castello e di tutte le strutture fortificate minori dei dintorni, compresi il Tabor di Draga e il castello di San Servolo. Quindi il castello fu fatto radere al suolo per ordine del vescovo, affinchè non cadesse nuovamente in mano nemica. I materiali del castello antico furono impiegati per la costruzione del castello Nuovo, sorto nel XVII secolo che, già danneggiato dalla seconda guerra mondiale, fu irrimediabilmente distrutto da un incendio poco tempo dopo. Oggi se ne possono scorgere solo le fondamenta e parte delle mura diroccate.

Sull’altura sorge oggi la Vedetta Moccò, da cui si possono osservare il monte Stena, noto per la Grotta delle Gallerie e la Fessura del Vento, il “Crinale” con il cippo Comici e la chiesa di Santa Maria in Siaris e il torrente Rosandra spaziando con lo sguardo fino al mare.

 

Informazioni


Indirizzo: località Moccò,San Dorligo della Valle

Come arrivare: raggiungibile da Sant’Antonio in Bosco seguendo la strada che conduce a San Michele oppure seguendo il sentiero CAI n. 1; in autobus con la linea 41, fermata piazza Bagnoli

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Castello di Maniago

Il castello sorse probabilmente sul sito di una torre di avvistamento romana, che divenne poi un presidio longobardo. Nel 981 l’imperatore Ottone II confermava al Patriarca di Aquileia il possesso feudale della “cortem que vocatur Maniacus”.

Il maniero – edificato attorno all’anno Mille – comprendeva, oltre che le abitazioni dei signori (ricordati a partire dal 1195) anche la domus patriarcale, tre torri e varie cinta di mura.

I signori di Maniago, coinvolti in molte lotte feudali, subirono innumerevoli assedi, ma resistettero sino al 1420, quando il Friuli fu occupato della Repubblica Veneta. Alla Serenissima Bartolomeo di Maniago giurò fedeltà ricevendo in cambio l’investitura del feudo a vita.

Il castello venne danneggiato dai terremoti del 1511 e del 1575 che lo resero inagibile e, a partire dal 1630, venne abbandonato.

Di questo notevole fortilizio oggi rimane solo una cinta muraria di forma semicircolare con feritoie. L’unico edificio rimasto integro è la chiesetta di San Giacomo costruita davanti alla facciata del castello.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Castello, Strada Valpiccola, Maniago

Stato di conservazione: ruderi instato di abbandono

Informazioni: www.consorziocastelli.it

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Parco di Villa Ottelio

Il giardino e il parco di Villa Ottelio sorgono nel borgo rurale di Ariis, nei pressi dei fiume Stella, su un terreno caratterizzato dalle tipiche “olle” di risorgive. A nord della villa sono visibili i resti di una struttura castellana che risale probabilmente al 1266. Dopo l’edificazione della fortezza di Palma il castello fu smantellato e trasformato in villa.

All’inizio dell’Ottocento il complesso dai Savorgnan passò agli Ottelio che lo riformarono. Nel parco furono impiantati boschetti di conifere, essenze autoctone ed esotiche che hanno arricchito la caratteristica vegetazione fluviale.

La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha acquistato l’intero complesso tra il 1986 e il 1997, concedendo l’uso del giardino e del parco al Comune di Rivignano che ne cura la manutenzione e vi ha realizzato una serie di percorsi ciclabili e pedonali.
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Via Rivignano, Ariis (Rivignano)

Superficie totale: 11,00 ha

Impianto planimetrico: all’italiana (giardino) e all’inglese (parco)

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Dal 2012 concesso in uso al Comune di Rivignano

Peculiarità scenografiche e compositive: corte d’onore, gradinata, ‘olle’ (bolle che emergono dal terreno, formate da acqua di falda affiorante in superficie), percorsi, serra, vialetti

Specie botaniche di rilievo: abete rosso, alloro, bosso, cedro dell’Himalaya, cipresso, farnia, leccio, magnolia, pino domestico, pino silvestre, tasso

Orari di apertura: sempre aperto

Visite: per prenotazioniPro Loco “Cuore dello Stella” di Ariis

Tel: +39 346 7217282

E-mail: prolocoariis@gmail.com

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