Castello_Gorizia

Il castello di Gorizia

Il castello di Gorizia risale all’XI secolo anche se dell’antico mastio, abbattuto dai veneziani, restano oggi solo le fondamenta visibili all’interno della corte dei Lanzi. Situato sull’altura che sovrasta la città, entro le mura dell’antico borgo, il castello offre – percorrendo il cammino di Ronda – uno sguardo che abbraccia Gorizia e i territori della vicina Slovenia. Vi si accede attraverso la Porta Leopoldina, costruita nel 1660 in occasione della visita dell’imperatore Leopoldo d’Asburgo.

Nell’anno 1001 l’imperatore Ottone III donò metà del castello e del territorio di Salcano con la villa di Gorizia al patriarca Giovanni II e l’altra metà al conte Verihen del Friuli. Il primo conte di Gorizia, Marquardo III di Eppenstein, fece costruire un maniero e vi trasferì la sua residenza da Salcano, facendone un importante roccaforte in cui avevano luogo le attività amministrative e giuridiche della Contea di Gorizia.

L’aspetto attuale del maniero si deve ai successivi interventi tra i secoli XIII e XVI che aggiunsero nuovi corpi di fabbrica e fortificazioni. La parte più antica è costituita dal duecentesco palazzo dei Conti – ornato da bifore romaniche – cui si aggiunse, nel XV secolo, il palazzo degli Stati Provinciali e, tra il XVI e il XVII secolo, il cosiddetto Palazzetto Veneto.

Il castello passò alla fine del Quattrocento dalle mani dei conti di Gorizia – estintisi con Leonardo – agli Asburgo e nel 1508 ai veneziani che, capitanati da Bartolomeo d’Alviano, innalzarono nuove cinte murarie composte da bastioni e da torrioni e diedero una nuova configurazione agli interni.

Nel 1509 il castello ritornò tra i possedimenti della corona d’Austria e vi rimase per altri trecento anni, fino alla parentesi dell’occupazione francese del 1813-1814, in cui venne adibito a caserma. Nel XVIII secolo furono aggiunti nuovi bastioni e torri polveriere e il muralglione che si affaccia su Castagnevizza. Alcune opere difensive furono realizzate sotto la supervisione del matematico e astronomo Edmond Halley, scopritore dell’omonima cometa.

Il castello fu bombardato durante la prima guerra mondiale e ridotto in macerie. Il complesso restauro filologico, avviato negli Anni Trenta – a cura della famiglia Cossàr, sotto la direzione dell’architetto Ferdinando Forlati per conto della Soprintendenza delle Belle Arti di Trieste – ha restituito all’edificio la pianta pentagonale e l’aspetto complessivo che lo caratterizzavano nel XVI secolo.

Al piano terra trovano posto la sala da pranzo e la cucina arredati con tavoli e credenze d’epoca completi di stoviglie tardomedievali; il Museo del Medioevo Goriziano all’interno della suggestiva sala dei Cavalieri ospita una collezione di armi bianche in uso nella Contea di Gorizia dall’XI al XVI secolo e riproduzioni di macchine da guerra come catapulte e “scorpioni” usate per gli assedi.

Al piano nobile si trovano la Sala del Conte (oggi adibita a convegni) e il Salone degli Stati Provinciali sul quale si affaccia un grazioso ballatoio in legno; questa sala, abbellita dall’originale soffitto a cassettoni, ospita ogni anno importanti mostre.

Al secondo piano del Palazzetto dei Conti, oltre alla cappella palatina dedicata a San Bartolomeo, nella quale sono conservate opere di scuola veneta, si trova il cosiddetto Granaio, una sala didattica corredata da una stazione multimediale, ove sono esposti i plastici che illustrano l’estensione e lo sviluppo della Contea di Gorizia; l’aspetto del castello intorno al 1300; la ricostruzione dell’assedio alla città da parte delle truppe del Patriarca Bertrando nel 1340.

Nei pressi del borgo si trovano altri importanti musei quali il Museo della Grande Guerra, il Museo della Moda e delle Arti Applicate, la Pinacoteca e la Collezione Archeologica.

 

Informazioni


Indirizzo: Borgo Castello 36, Gorizia

Visite: all’interno Museo del Medioevo Goriziano

Orari: damartedì a domenica 10.00-19.00; lunedì 9.30-11.30; chiusura cassa 18.30; i giorni 24 e 31 dicembre orario ridotto 9.30 – 16.00; chiuso i giorni 25, 26 dicembre e 1° gennaio.

Ingresso: intero € 3.00; ridotto ragazzi da 6 a 24 anni (escluse scolaresche), anziani di età superiore ai 65 anni, gruppi di almeno 10 persone € 1,50; scolareschedi ogni ordine e grado 1,00 euro; gratuito minori accompagnati di età inferiore ai 6 anni, insegnanti accompagnatori (fino a 2 per classe), accompagnatori turistici e guide muniti di regolare attestato, portatori di handicap ed eventuale accompagnatore, laboratori o iniziative promozionali nell’ambito della programazione annuale.

Informazioni: urp@comune.gorizia.it

Uffici: Borgo Castello 36

Tel./Fax: 0481 535146

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Palazzo_delle_Poste_Gorizia

Palazzo delle Poste

L’imponente edificio in bugnato e laterizio si articola attorno alla torre dell’orologio. Fu realizzato nei primi anni Trenta su progetto di Angiolo Mazzoni, che si ispirò allo stile imperiale austriaco. Il porticato accoglie tre Vittorie, monumento ai caduti postelegrafonici realizzato da Domenico Ponzi. Al piano terra si trovano i mosaici di san Cristoforo opera di Matilde Festa Piacentini e quello di Pericle Gentili raffigurante i santi Ilario e Taziano, protettori della città di Gorizia. Al primo piano c’è l’affresco Danae fecondata da Giove realizzato su disegno del pittore Edoardo Del Neri mentre all’interno della torre la scalea è decorata con il ciclo pittorico di Guido Cadorin dal titolo Le guerre producono vittime. Infine, è qui conservato il Treno in corsa (1933) del futurista Tato (Guglielmo Sansoni).

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Corso Giuseppe Verdi 33, Gorizia

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Foiba_di_Basovizza

Foiba di Basovizza

La Foiba di Basovizza, dichiarata Monumento nazionale, è uno degli abissi naturali che disseminano i territori carsici, dove, all’inizio del Novecento, fu scavato un pozzo minerario in cui vennero gettati i corpi delle persone dopo le stragi avvenute nella Venezia Giulia, nell’Istria, a Fiume e in Dalmazia nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945. Si ricordano qui tutte le vittime che hanno trovato la morte nelle voragini del Carso, militari e civili, sommariamente processati e giustiziati, e i deportati deceduti nei campi di concentramento in Jugoslavia.

Al pozzo di Basovizza, chiuso da una lastra di pietra, fu data sistemazione monumentale con gli interventi dell’architetto Ennio Cervi e dell’artista Livio Schiozzi.

 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Strada Statale 14, Località Basovizza, Trieste

Servizi: visite guidate, bookshop, archivio documentale

Informazioni: www.triestecultura.it

Orari di apertura: sempre visitabile; centro di documentazione da marzo a giugno tutti i giorni 10.00-18.00; da luglio a febbraio 10.00-14.00; chiuso il mercoledì, 25 dicembre e 1° gennaio.

Ingresso: gratuito

Visite: prenotazioni presso il Servizio Didattico – tel.: +39 040 6754480; Fax: +39 040 6754727; e-mail: serviziodidattico@comune.trieste.it; www.serviziodidattico.it

Come arrivare: in autobus con la linea 39

E-mail: sacrariofoibadibasovizza@comune.trieste.it

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Palazzo_del_Governo_Trieste

Palazzo del Governo

Il palazzo, già sede della Luogotenenza austriaca e oggi della Prefettura, fu progettato dall’architetto viennese Emil Artman tra il 1901 e il 1905 fondendo gusto neorinascimentale e art nouveau. Il monumentale doppio loggiato in pietra bianca è stretto tra due ali rivestite da mosaici dorati in vetro di Murano del viennese Giuseppe Straka con teste allegoriche, festoni e medaglioni con la croce dei Savoia, che sostituirono gli originali con le aquile imperiali.

Nei primi anni Sessanta l’arredamento degli interni fu curato dagli architetti Umberto Nordio e Aldo Cervi. Lungo lo scalone d’onore, nei mezzanini, nicchie decorative ospitano vasi in porcellana con lampadari che imitano mazzi floreali. Al secondo piano, si trovano i saloni di rappresentanza con pavimenti in legno di rovere, decorazioni a motivi floreali in stucco, lampadari in cristallo e grandi specchi entro cornici dorate e il dipinto di Cesare Sofianopulo che rappresenta san Giusto, patrono della città.

Nel salone rosso vi sono alcuni vasi con scenette galanti di ispirazione rococò e dipinti. Nella grande sala da ballo, paraste dal capitello corinzio supportano la galleria dei musicisti, decorata da elementi geometrici in stile secessionista. Nella sala da pranzo una serie di dipinti sopraporta monocromi rappresentano luoghi ed edifici di Trieste ai primi del Novecento. Nel cosiddetto Appartamento del Presidente si conservano opere di Natale Schiavoni, Giovanni Zangrando e Carlo Sbisà.

 

Informazioni


Dove: Piazza dell’Unità d’Italia, Trieste

Visite: la visita all’interno è consentita solo in particolari occasioni

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Lago_Cavazzo

Lago di Cavazzo

Il Lago di Cavazzo, di origine glaciale, sorge a 195 m s. l. m. ai piedi del Monte Festa e del Monte San Simeone, nel territorio dei comuni di Cavazzo Carnico, Bordano e Trasaghis (da cui il suo altro nome, Lago dei Tre Comuni). Con il suo perimetro di circa 6.500 metri è il più vasto lago naturale del Friuli Venezia Giulia. È alimentato sia artificialmente sia da sorgenti naturali sotterranee. Le sue coste sono piuttosto scoscese.

Un vasto canneto occupa parte della riva meridionale del lago: un ambiente ideale per la riproduzione di diverse specie di pesci e volatili, soprattutto per le specie tipiche delle acque tiepide, che trovano il loro habitat ideale nell’acqua di temperatura più mite nel fitto canneto e nei bassi fondali stagnanti. Il resto del lago infatti è caratterizzato da temperature più fredde. La fauna ittica è composta da lucci, tinche, anguille, alborelle, cavedani, sanguinerole, spinarelli, agoni, trote fario, carpe, persici reali e trote iridea.

Lungo i sentieri che costeggiano le rive si trovano diverse postazioni dedicate al bird-watching, da cui poter ammirare l’avifauna lacustre: la gallinella d’acqua, la folaga, il martin pescatore. Nel canneto nidificano il tarabuso, il tarabusino e il germano reale. Il lago offre rifugio ad alzavole e marzaiole, all’oca granaiola, al mestolone e al codone. A volte è possibile osservare anche l’airone cenerino.

Sulle sponde del lago di Cavazzo è presente pure la vipera dal corno.

Il territorio è ricco di sentieri naturalistici e di percorsi ciclabili, oltre ad aree di sosta attrezzate. Sul lago si possono praticare sport acquatici come il canottaggio, il windsurf, la vela, la pesca sportiva. Le sue acque sono balneabili e c’è la possibilità di noleggiare pedalò e barche.
 

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Museo_Etnografico_Friuli_Udine

Museo etnografico del Friuli

Nuovo Museo delle arti e delle tradizioni popolari

A Palazzo Giacomelli sono esposte le molteplici testimonianze materiali dell’identità culturale friulana. Attraverso gli oggetti d’uso – l’abbigliamento, le maschere, il gioco, la musica e lo spettacolo – sono, infatti, tramandate le memorie della devozione, dei riti popolari e della tradizione del “fogolâr” domestico.

I fondi di Gaetano Perusini, Lea D’Orlandi e di Luigi e Andreina Ciceri costituiscono i nuclei portanti delle collezioni etnografiche e antropologiche che sono costituite da manufatti molto diversi, che attengono alla vita rurale, all’artigianato e alla scienza, nonchè al costume e alla moda. Il percorso espositivo mira a recuperare, conservare e valorizzare la memoria del passato che si coagula intorno a questi beni materiali.

Nel museo l’allestimento permanente si alterna a mostre temporanee incentrate sulla storia del territorio, la cultura locale, le tecniche, i saperi manuali e il valore dell’artigianato come forma espressiva individuale e sociale.

 

Informazioni


Indirizzo: Palazzo Giacomelli, Via Grazzano 1, Udine

Servizi: visite guidate, laboratori didattici, supporti multimediali, corsi di approfondimento

Informazioni: www.udinecultura.it

Orario di apertura: dal 1° ottobre al 28 aprile da martedì a domenica 10.30-17.00; dal 29 aprile al 30 settembre da martedì a domenica 10.30-19.00; chiuso il lunedì

Ingresso: intero € 1,00; gratuito fino a 13 anni e disabili

Visite: prenotazione di visite guidate e laboratori didattici consultando www.udinecultura.it

Tel.: 0432 271920

Fax: 0432 271907

E-mail: museoetnografico@comune.udine.it

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Diga_del_Vajont

Diga del Vajont

La Diga del Vajont fu teatro della tragica frana del monte Toc, che la notte del 9 ottobre 1963 spazzò via la vallata sottostante: le vittime furono circa duemila. Un’enorme massa di roccia si staccò dal fianco della montagna riversandosi nel lago artificiale, già oltre i margini di sicurezza, creando un’ondata che tracimò dalla diga costruita da pochi anni e che, secondo le perizie, fu costruita in una zona geologicamente inadatta. La frana provocò un terremoto, quindi l’acqua fu violentemente spinta verso il passo Sant’Osvaldo cancellando le piccole borgate attorno al lago, appena sotto Erto e le case più basse di Casso. L’onda, alta un centinaio di metri, si sfogò sulla vallata del Piave, dove le popolazioni non erano state evacuate, né fu dato l’allarme. In pochi attimi furono cancellati Longarone e le frazioni di Rivalta, Pirago, Faè, Villanova e Codissago di Castellavazzo.

Il museo del Vajont è visitabile presso il Centro visite del Parco naturale delle Dolomiti friulane di Erto e Casso, è percorribile, inoltre, parte del coronamento della diga.
 
 
 
 
 
 

Informazioni

Informazioni: www.parcodolomitifriulane.it
Parco naturale delle Dolomiti friulane, via Roma 4, Cimolais
tel.: +39 0427 87333; fax +39 0427 877900
e-mail: info@parcodolomitifriulane.it
www.prolocoertoecasso.it
Pro Loco Erto e Casso tel.: +39 340 3898661

 

Visite: al Punto informativo Diga del Vajont di Erto e Casso è attivo un servizio di visite guidate al percorso del coronamento della diga effettuabili dalle 10.00 alle 17.00 nelle giornate di domenica 5 aprile, lunedì 6 aprile, sabato 25 aprile, domenica 26 aprile; tutte le domeniche di maggio, venerdì 1° maggio, sabato 2 maggio; ogni sabato e domenica di giugno, lunedì 1° giugno, martedì 2 giugno; ogni sabato e domenica di luglio; tutti i giorni da sabato 25 luglio a domenica 30 agosto; ogni domenica di settembre e ottobre; domenica 1° novembre al costo di € 5,00 a persona (40 minuti circa)

 

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