Giardino_Villa_Engelmann_Trieste

Giardino di Villa Engelmann

Il parco che un tempo costituiva la pertinenza di Villa Frida occupa il pendio ovest del colle di Chiadino, in una zona residenziale suburbana sorta nel tardo Ottocento. L’impianto botanico segue i crismi della tradizione paesaggistica nordica con specie fiorifere ed arbustive a fioritura scalare. Cinto da un alto muro, il giardino si sviluppa in parte su pastini e presenta una prevalenza di sempreverdi arborei e molte specie floreali tappezzanti.

Nel 1840 il milanese Francesco Ponti affidò all’architetto Antonio Butti l’incarico di progettare una villa in stile tardo-neoclassico. La casa, che fu completata tre anni più tardi, insieme al giardino, fu acquistata da Frida Engelmann nel 1888. Nel giardino vennero progressivamente piantate alcune essenze arboree molto in voga all’epoca e gli originari terrazzamenti regolari vennero ampliati con schemi botanici di tipo informale.

Nella prima metà del Novecento l’erede Werner Engelmann donò il giardino alla città. Durante la Seconda guerra mondiale la villa fu quasi completamente distrutta dai bombardamenti.

Restaurato nel 1980, pochi anni dopo il parco è stato insignito del premio Miflor come miglior realizzazione botanica in ambito pubblico di media-piccola grandezza.

Nel parco, ora aperto al pubblico, è stato allestito un padiglione per spettacoli all’aperto; inoltre è arredato con panchine, un pergolato ed un gazebo nonché attrezzature ludiche per bambini, compresa una pista per il pattinaggio.

 

Informazioni


Indirizzo: Via di Chiadino 5, Trieste

Superficie totale: 1,40 ha

Impianto planimetrico: a terrazze (parte sud-est), all’inglese (parte ovest e nordest)

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Trieste

Peculiarità scenografiche e compositive: percorsi curvilinei, pergolato, terrazzamenti

Specie botaniche di rilievo: cipresso, ippocastano, magnolia, tasso

Orari di apertura: estivo 7.00-19.00; invernale 7.00-18.00

Servizi: accesso ai disabili, giochi multifunzionali in legno, altalene, percorso vita, pista di pattinaggio, toilettes, divieto di accesso ai cani

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ALTRO IN ZONA
Cascata_Cukula

Cascata della Čukula

La cascata del Čukula, posta sul rio Namlen, è la più imponente tra tutte quelle presenti nel territorio delle valli del Torre e Natisone. Lo spettacolare salto, di oltre 70 metri, avviene poco a monte della confluenza tra il rio Podiauer e il rio Podiama. Solo dopo la confluenza il torrente assume la denominazione di rio Namlen, ma la cascata della Čukula è conosciuta anche come cascata del rio Namlen. Il rio Podiama nasce dalle pendici del Monte Cripia, a circa 850 m di altitudine.

Il corso d’acqua incide le rocce del Flysch di Grivò (v. Cascate del Rio Boncic) approfondendosi rapidamente e formando poi la cascata la cui base è posta ad una quota di circa 420 m: un dislivello quindi di oltre 400 m.

La cascata si raggiunge partendo da Prossenicco: nei pressi del cimitero del piccolo borgo rurale, dove si può parcheggiare, si imbocca il Sentiero Naturalistico della Cascata della Čukula.
 
 
 
 
 
 
 
 

ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI UDINE

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Laghi di Doberdò e Pietrarossa

I Laghi di Doberdò e Pietrarossa rappresentano un raro esempio a livello europeo di idrografia superficiale legata al fenomeno del carsismo. Si trovano in un polje, cioè una depressione naturale a fondo piatto, i cui versanti possono essere più o meno ripidi, e sono attraversati da falde acquifere del sottosuolo. Sono i due unici laghi carsici del Friuli Venezia Giulia e appartengono all’omonima riserva naturale che si trova in provincia di Gorizia.

Mentre il lago di Pietrarossa è di livello pressoché costante, quello di Doberdò è un lago temporaneo, un lago-stagno: infatti il livello delle sue acque cambia a seconda della portata dei vicini fiumi Vipacco ed Isonzo. Quando i due fiumi sono in magra, la superficie libera del lago, non occupata da canneti, si riduce a canali e pozze circolari di pochi metri. Le sorgenti si trovano sul lato occidentale del lago, mentre gli inghiottitoi sono sul lato orientale.

In quest’area la flora e la fauna sono molto varie per la copresenza all’interno della Riserva di diversi ambienti naturali, quali zone umide (laghi, praterie, boschi) contrapposte ad ambienti carsici più aridi (landa, boscaglia).

Lungo le sponde del lago di Doberdò si trova una sottile striscia di bosco ripariale con salici e pioppi neri che ospitano diverse specie di uccelli tra i quali c’è il raro picchio rosso minore. Fra i mammiferi che abitano la zona troviamo i caprioli, molto comuni sul Carso, ma anche il raro sciacallo dorato. Dove l’acqua è più profonda crescono le ninfee.

All’interno della Riserva si trovano i resti di un castelliere risalente all’Età del Bronzo: era un antico villaggio fortificato con una cinta muraria costruita in pietra a secco, una delle prime forme abitative del Carso.

 

ALTRO IN ZONA ALTRO IN PROVINCIA DI GORIZIA

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Provincia di Trieste

La provincia di Trieste si sviluppa in una sottile striscia di terra lunga circa 30 km, stretta tra il mare Adriatico e il Carso. Si affaccia sull’ampio golfo che accoglie la città di Trieste e un’alternanza di baie, porticcioli e scogliere mozzafiato con castelli a picco sul mare, come quelli di Miramare e di Duino. Alle spalle la protegge l’aspro paesaggio carsico, dove si possono ammirare grandiosi spettacoli naturali come la Grotta Gigante o la Dolina di Percedol, una valle ricca di rigogliosa vegetazione. Dall’altipiano carsico, con le sue grotte, alle suggestive foci del Timavo, alla riserva marina del Parco di Miramare; dalle falesie di Duino, vicino al Castello, alle riserve naturali del Monte Lanaro, del Monte Orsario e della Val Rosandra, la natura di questo lembo di terra è unica in ogni stagione.

Ma il fascino del territorio oltrepassa gli aspetti naturalistici: l’elegante città d’arte di Trieste, dov’è evidente l’eredità culturale asburgica, i paesini carsici con le loro tradizioni e perfino le piccole località turistiche costiere costituiscono grandi tesori custoditi in questo piccolo lembo di terra.

Trieste deve il suo fascino al suo essere città di frontiera e insieme porto di mare, che ha portato al sovrapporsi e incrociarsi di popoli e culture molto diversi: grazie alle sue eredità italiana, mediterranea, mitteleuropea e slava, Trieste ha una ricchezza culturale che si palesa immediatamente al visitatore tramite i suoi splendidi edifici che rispecchiano tutti gli stili delle varie epoche, dalla romana al neoclassico al razionalismo, e tramite le chiese appartenenti a tutte le religioni praticate dai diversi popoli che qui hanno trovato casa. Non bisogna poi tralasciare di visitare i suoi caffè storici, che han visto passare la storia di questa città e che sono ancora luogo d’incontro fondamentale, insieme ai buffet dove si gusta la tipica cucina locale.

Anche la cucina naturalmente è un incrocio di sapori, dalla Mitteleuropa al mare: di tradizione mitteleuropea sono la jota (minestra di fagioli, crauti e patate), i gnochi de pan e i gnochi de susini e i capuzzi (crauti). La cucina di pesce ha tradizioni tipicamente venete, come i sardoni in savor.

Anche i dolci sono per lo più di tradizione austroungarica e veneta: presnitz (dolce di sfoglia e frutta secca) e putizza (pasta morbida ripiena di frutta secca), strucolo de pomi (strudel di mele), strucolo cotto (strudel di noci), crostoli (chiacchiere veneziane), krapfen (bomboloni alla marmellata o alla crema), fritole (specie di piccola frittella) e pinza (un pane dolce).

Infine i vini: Terrano, Malvasia e Refosco, coltivati sul Carso, stanno diventando sempre più rinomati. È stata istituita pure la Strada del Terrano, che attraversa gran parte della provincia sull’altipiano carsico, da Opicina a Sistiana, portando nei luoghi della produzione vinicola. Le osmize (da “osem”, otto in sloveno), segnalate sul Carso da un ramo verde, risalgono ad un editto dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria che consentiva ai contadini la vendita diretta di vino e di altri prodotti agricoli di propria produzione per la durata di otto giorni. Vi si trovano prosciutto crudo e cotto, salame, il tipico formaggio Tabor, uova sode e, naturalmente, il vino.

 

 

 

CULTURA
BORGHI TIPICI CASTELLI EVENTI
    MONUMENTI E SITI STORICI MONUMENTI RELIGIOSI MOSTRE
      MUSEI SITI ARCHEOLOGICI VILLE E PALAZZI
      NATURA
      CASCATE ESCURSIONI FIUMI
      GIARDINI E PARCHI GROTTE LAGHI E LAGUNE
        MONTAGNA PARCHI E RISERVE SPIAGGE
          ENOGASTRONOMIA
          RISTORANTI AGRITURISMO PIZZERIE
            CANTINE PRODUTTORI
            OSPITALITÀ
            HOTEL BED & BREAKFAST AGRITURISMO
                CAMPEGGI AFFITTACAMERE APPARTAMENTI PER VACANZE
                  SPORT
                  TREKKING E PASSEGGIATE MOUNTAIN BIKE CAVALLO
                      SPORT ACQUATICI SPORT INVERNALI SPORT MONTAGNA
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                          Casa Fortificata La Brunelde

                          Il fortilizio della Brunelde è citato già nel 1208 in un elenco di beni feudali dei conti d’Arcano, marescalchi e confalonieri del Patriarca d’Aquileia, fino al XV secolo denominati “de Tricano” per i tre cani neri presenti nello stemma. L’antica torre longobarda – già sorta su un’opera di epoca romana che presidiava la Via del Sale – fu trasformata in casaforte nel XIII secolo.

                          Giovanni Nicolò d’Arcano agli inizi del Cinquecento riformò il complesso, trasformandolo in residenza di campagna, in cui dedicarsi alla caccia. Il fratello Rizzardo, colto umanista, volle decorare l’atrio con motti latini tratti dall’Eneide di Virgilio. Nel 1518 fu edificata la cappelletta di San Nicolò, in cui è conservata la reliquia della vera Croce, che, secondo la tradizione, fu portata nel 1270 da Leonardo III d’Arcano di ritorno dall’ottava crociata.

                          La domus magna Tricanea conserva gli arredi d’epoca e le memorie famigliari, lo studiolo del poeta Gian Mauro d’Arcano, l’archivio storico della casata, le pareti dipinte con gli scacchi bianchi e rossi – emblema della casata – nonché le sale che nel Settecento ospitarono il celebre cantante Farinelli.

                           
                           
                           
                           
                           

                          Informazioni


                          Indirizzo: località Casali Florit, Fagagna
                          Servizi: visite didattiche, partecipa a Castelli aperti, Settimane della Cultura, mostre e convegni

                          Visite: su prenotazione per gruppi di almeno 20 persone presso la Segreteria del Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del FVG – Tel.: 0432 288588; Fax: 0432 229790; info@consorziocastelli.it
                          Orari di apertura: sabato e domenica 15.30-18.30 (orario di inizio dell’ultima visita)

                          Informazioni:www.consorziocastelli.it

                          Tel.: 0434 738224

                          E-mail: info@labrunelde.it

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                          Castello_Coia_Tarcento

                          Castello di Coia

                          Il castello di Coia o Inferiore sorge nell’omonima frazione di Tarcento che nel XII secolo era feudo dei signori di Machland che qui edificarono il più antico castello – eretto su fortificazioni tardo antiche – detto Superiore o di San Lorenzo. In seguito il feudo passò ai Grimonis di Tarcento, poi ai Signori di Caporiacco e nel 1281 ai di Castello o di Castel Porpetto (poi Frangipane). Attorno al 1314 venne costruito un secondo castello, detto Inferiore. Entrambi furono distrutti dalle truppe patriarcali nel 1352 per punire i congiurati che avevano assassinato il Patriarca Bertrando.

                          Ricostruito, fu definitivamente distrutto nel 1511, prima incendiato dalle rivolte contadine del Giovedì Grasso e poi colpito dal rovinoso terremoto che seguì nello anno stesso. Ancora oggi rimane integro il torrione, soprannominato in seguito dalla popolazione locale, il Cjiscjelat ovvero il “castellaccio”. I ruderi furono acquistati nel 1931 dal Comune.

                          Presso il castello di Coia ogni anno si allestisce il “pignarul grant”, il tradizionale fuoco epifanico che da oltre sette secoli si svolge al tramonto del 5 gennaio: un corteo con centinaia di figuranti in costume medievale e con le fiaccole accese attraversa le vie del centro storico fino a raggiungere i piedi del colle dove viene rievocata l’investitura feudale di Artico di Castello. Il fumo levatosi dalla pira premonirà, a seconda che si orienti a levante o a ponente, il buon o cattivo raccolto.

                           

                          Informazioni


                          Indirizzo: Località Coia, Tarcento

                          Stato di conservazione: ruderi

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                          Parco_Castello_Miramare_Trieste1

                          Parco del Castello di Miramare

                          Il parco, che digrada verso il mare, incorniciando con i suoi parterre le costruzioni architettoniche, si affaccia sul Golfo di Trieste coprendo il promontorio roccioso di Grignano con la sua macchia sempreverde. Fino alla metà del XIX secolo l’area, che aveva l’aspetto di una landa carsica quasi del tutto priva di vegetazione, era adibita a pascoli e vigne con un modesto querceto e la tipica flora del Carso.

                          Tra il 1855 e il 1856 l’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, iniziò la costruzione della residenza e del parco. Secondo la volontà dell’arciduca, che ne seguì da vicino la creazione, il parco fu ispirato al romanticismo ottocentesco, combinando i criteri strutturali dei giardini nordici con la ricchezza botanica della flora mediterranea. Nell’intenzione dello sfortunato imperatore del Messico il parco si sarebbe dovuto configurare come stazione sperimentale di rimboschimento e di acclimatazione di specie botaniche rare, facendone un complesso insieme naturale e artificiale.

                          Per il progetto architettonico l’arciduca si avvalse dell’architetto viennese Carl Junker, mentre la realizzazione del parco fu affidata a Wilhelm Knechtel, già giardiniere nell’isola di Lacroma, che divenne residenza estiva dell’arciduca.

                          L’area orientata a est fu convertita in un bosco, che avrebbe dovuto difendere il giardino mediterraneo dai venti, scegliendo di assecondare l’orografia del luogo: gruppi arborei si alternano a radure, dove i sentieri si insinuano tra i gazebi e i laghetti, seguendo puntualmente i dettami del giardino paesistico inglese. Il giardino che sarebbe sorto in prossimità del castello si sarebbe contraddistinto per le specie rare ed esotiche.

                          I lavori iniziarono sotto la direzione del boemo Josef Laube, già aiuto giardiniere a Laxenburg e giardiniere di Villa Lazarovich, che tra il 1851 e il 1857 fu la residenza triestina di Massimiliano.

                          Dal 1859 al 1867 la responsabità dei lavori fu di Anton Jelinek, che pochi anni prima aveva partecipato alla spedizione della fregata Novara in qualità di assistente del dottor Eduard Schwarz, botanico e medico di bordo.

                          Il terreno fu preparato con alcuni sbancamenti e si fece importare il terriccio dalla Stiria e dalla Carinzia. Dopo che i viali carrozzabili e gli altri sentieri furono tracciati, si avviò la piantagione di pini, sementi e giovani piante provenienti da diverse località: da vivai e ville in Veneto tra cui Villa Reale di Stra, poi dai giardini di famiglia a Vienna, dalla fregata Novara, da Gibilterra, da Shangai, da altri giardini mediterranei e triestini. Gran parte delle essenze erano di origine extraeuropea e anche dopo la sua partenza per il Messico continuò a far importare nuove specie per il suo giardino.

                          Oltre al castello, si edificarono il ‘castelletto’ o Garten Haus, la Kaffee-Haus, la ‘casa svizzera’, due villette per la servitù, le scuderie e il portale con portineria sulla carrozzabile dalla città. Furono conservati i resti di una preesistente cappelletta e vennero realizzate una grotta artificiale, una palestra all’aperto, i parterres, le gradonate verso il porticciolo, una vasca nel bosco, un lago e collocate, inoltre, le voliere e le serre.

                          Un inventario del 1861 registra la presenza di 21.368 specie, tra erbacee, arbustive, arboree, in gran parte di provenienza alloctona.

                          Nel 1862 si fecero arrivare le sculture prodotte dalla fonderia Moritz Geiss di Berlino. Nel 1867, con la morte di Massimiliano, Jelinek lasciò il suo incarico all’assistente August Vogel.

                          Miramare diventò residenza periodica dei membri della famiglia imperiale fino allo scoppio della prima guerra mondiale; in seguito il castello restò disabitato fino al 1931, quando vi si stabilì il duca Amedeo di Savoia-Aosta.

                          Nel 1928 fu inaugurata la strada costiera che unisce Sistiana a Barcola e che divise in due il parco. Da allora, il pendio è attraversato trasversalmente da due gallerie e un tratto in trincea su cui fu aperto un nuovo portale monumentale di accesso. Da segnalare poi altri punti di interesse come il piccolo piazzale con i cannoni donati da Leopoldo I re dei Belgi e la cappella di San Canciano con un crocifisso scolpito con il legno della fregata Novara, dedicato nel 1900 a Massimiliano da suo fratello Ludovico Vittore.

                           

                          Informazioni


                          Indirizzo: Viale Miramare, Trieste

                          Superficie totale: 22,00 ha

                          Impianto planimetrico: paesaggistico (arboretum e parco mediterraneo), formale (parterre)

                          Condizione giuridica: proprietà pubblica, Stato

                          Peculiarità scenografiche e compositive: belvedere, Kaffeehaus, ‘lago dei cigni’ con isolotto di roccia e chalet, parterre, pergolati in ferro, porticciolo con gradonate, scultura di Marcello Mascherini, statue

                          Specie botaniche di rilievo: abete del Caucaso, abete di Spagna, abete greco, araucaria, cipresso, cipresso di Monterey, corbezzolo, leccio, libocedro, pino d’Aleppo, pino di Sabine, pino nero, rovere, sequoia, sequoia gigante, tsuga

                          Servizi: ristoro, accesso disabili

                          Orari di apertura: da aprile ad agosto 8.00-19.00; accesso gratuito

                          Informazioni: info@castello-miramare.it

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