Civico_Museo_Guerra_per_Pace_Diego_Henriquez

Civico Museo della Guerra per la Pace Diego de Henriquez

La collezione dello studioso triestino Diego de Henriquez (1909-1974) ­– un patrimonio documentale e materiale composto da circa 15.000 oggetti – è stato acquisito dal Comune di Trieste nel 1983 e dal 1999 ha trovato sede nella Caserma Duca delle Puglie. Raccoglie: 2800 armi, 24.000 fotografie, 287 diari, 12.000 libri, 2600 tra manifesti e volantini, 500 stampe, 470 carte geografiche e topografiche, 30 fondi archivistici, 290 documenti musicali, 150 quadri e un fondo di pellicole, 250 documenti cinematografici conservati all’Istituto Luce di Roma.

Due degli edifici della Caserma, recentemente restaurati, accolgono il percorso museale, la biblioteca, la fototeca e l’archivio; restaurati, inoltre, i mezzi e i pezzi di artiglieria: cannoni, veicoli, strumenti esposti nella sezione centrale dell’hangar.

L’attuale allestimento è incentrato sulla Grande Guerra nella ricorrenza del centenario. Le crude fotografie d’epoca si alternano ai testi esplicativi e alle tavole grafiche che riassumono “i numeri della guerra”. Oltre ai numerosi contributi filmati forniti dalla Cineteca del Friuli e dall’Istituto Luce, vi sono quelli del regista Alessandro Scillitani: Funerale della pace, Guerra di trincea e Caporetto.

Secondo il desiderio del suo ideatore, non vuole essere un museo della guerra tradizionalmente inteso, ma un museo della società del Novecento dove le guerre con i loro orrori siano bandite per sempre.

Nel primo hangar trova posto l’esposizione permanente dedicata alla storia della prima guerra mondiale, che si apre con il corteo funebre dell’erede al trono d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando, assassinato con la moglie a Sarajevo il 28 giugno 1914. Al piano superiore una sintetica cronologia racconta i cento anni di guerre del Novecento; quindi l’allestimento si focalizzata sulla storia di Trieste dal primo conflitto mondiale agli anni del fascismo fino al ritorno dell’Italia nel 1954. Nella sede di Via Revoltella altre sezioni presentano gli armamenti leggeri, le telecomunicazioni, le uniformi militari, stampe, dipinti e medaglie.

 

Informazioni


Indirizzo: Via Cumano 22, Trieste

Servizi: visite guidate, bookshop, fototeca, archivio documentale, biblioteca

Informazioni: www.museodiegodehenriquez.it

Orari di apertura: da metà ottobre a fine marzo da mercoledì a lunedì 10.00-17.00; da aprile a metà ottobre 10.00-19.00; chiuso il martedì tranne nei mesi di luglio e agosto; chiuso 25 dicembre, 1° gennaio, Pasqua, 25 aprile e 1° maggio

Ingresso: intero 6,00 €; ridotto 4,00 €

Visite: prenotazioni presso il Servizio Didattico – Tel.: 040 6754480; Fax: 040 6754727; E-mail: serviziodidattico@comune.trieste.it; www.serviziodidattico.it

Come arrivare: in autobus con la linea 18 (nei festivi sostituita dalla linea 5)

Tel.: 040 675 4699; 040 675 8377

E-mail: museodehenriquez@comune.trieste.it

 

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ALTRO IN ZONA
Museo_aperto_Freikofel

Museo all’aperto del Freikofel

Il Museo all’aperto Freikofel-Pal Grande offre ai visitatori la possibilità di inoltrarsi nei luoghi della Grande Guerra, percorrendo i crinali del Pal Piccolo, del Freikofel, del Pal Grande e del Creta di Timau. Nei pressi del Passo Monte Croce Carnico, dove si fronteggiavano le due linee di difesa nemiche a poche centinaia, talvolta decine, di metri è possibile scoprire trincee, torrette di osservazione, gallerie, fortini, postazioni per mitragliatrici e fucili.

Le cime attorno al valico, avamposti strategici della “Zona Carnia”, si trasformarono in campi di battaglia nell’estate del 1915 e lasciano ancora oggi affiorare una costellazione di opere fortificate e camminamenti lungo il Pal Piccolo e il Freikofel (o Cuelàt) che dal 2005 è sede del museo all’aperto transfrontaliero.

Per visitare il Freikofel bisogna risalire la Valle del But lungo la strada statale 52 bis fino a Timau (Paluzza) e proseguire verso il passo di Monte Croce Carnico. Il sentiero sterrato segnalato (CAI 401a) parte nei pressi di una casa cantoniera (1064 m) e conduce alla Cappella Battaglione Val Tagliamento (1428 m). Proseguendo lungo il tracciato si esce dal bosco e si attraversano i prati della casera Pal Piccolo dove si scorgono i resti di alcuni fabbricati militari e un altare di guerra del 1916, mentre più avanti è collocata una lapide con una croce di ferro che ricorda i caduti. Al bivio successivo si svolta a destra (sentiero CAI 413) dove è ormai visibile la cima del Freikofel; quindi, attraverso dei semplici passaggi aerei attrezzati (corrimano e scalini in ferro), si arriva sulla vetta (1757 m). Qui sono visibili il monumento commemorativo di epoca fascista e le strutture militari recentemente riportate alla luce dai volontari dell’Associazione “Amici delle Alpi Carniche” che hanno, inoltre ricostruito i baraccamenti e restaurato i fregi.

A Timau è possibile visitare l’Ossario, il Monumento dedicato alle Portatrici Carniche e l’esposizione permanente “La Zona Carnia nella Grande Guerra 1915-1918”.

 

Informazioni


Informazioni: Associazione Amici Alpi Carniche presso il Museo Storico. La Zona Carnia nella Grande Guerra, via Nazionale 90, Timau – Tel.-Fax: 0433 779168; www.museograndeguerratimau.it – e-mail: museotimau@alice.it

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Lago_Volaia

Lago di Volaia

Quello di Volaia (Wolayersee) è uno splendido laghetto alpino raccolto nella conca glaciale del versante austriaco dell’omonimo passo, immerso in un paesaggio montano incontaminato di straordinaria bellezza. Il lago Volaia è al centro di una riserva naturale che corre lungo lo spartiacque delle Alpi Carniche, a occidente del passo di Monte Croce Carnico.

Per più di metà dell’anno il lago è ghiacciato e lo spessore del ghiaccio può raggiungere i due metri. Gli emissari sotterranei del lago alimentano due fontane: una in territorio austriaco, l’altra a valle del rifugio Lambertenghi-Romanin.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Dove: Passo del Volaia

Informazioni: www.comune.forni-avoltri.ud.it o presso l’Ufficio turistico di Forni Avoltri, Corso Italia 24 – tel: 0433 72202; e-mail: info.forniavoltri@turismo.fvg.it

Come arrivare: da Forni Avoltri si sale in direzione Collina fino al rifugio Tolazzi, da qui è possibile proseguire solo a piedi seguendo l’itinerario per il rifugio Lambertenghi-Romanin;

Attività: il sentiero Spinotti è attrezzato per l’arrampicata

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Abbazia di San Gallo

L’abbazia fu consacrata dal Patriarca Ulrico di Eppenstein nel 1119 ed era dipendente dall’Abbazia di san Gallo in Svizzera. Il monastero visse un periodo di grande splendore fra il XIII e il XIV secolo cui seguì un lungo periodo di desolazione e di abbandono totale. In seguito al terremoto del 1976, conseguentemente all’offerta delle suore Clarisse e su interessamento dell’Arcivescovo di Udine, la Soprintendenza alle Belle Arti decise di ristrutturare il complesso abbaziale: l’8 dicembre 1987 ci fu la solenne fondazione ufficiale del Monastero di clausura delle Clarisse.

La chiesa dell’abbazia aveva già subito danni per i forti terremoti del Trecento e del 1511, ma fu sempre prontamente riparata, salvo poi essere demolita per vetustà. La chiesa attuale, ad un’unica navata con una vasta aula rettangolare, fu costruita nel 1763. Nel presbiterio gli affreschi di Leonardo Rigo (1893) rappresentano alcuni momenti storici di rilievo per l’abbazia: La visita di San Carlo Borromeo; la donazione del castello da parte del conte Cacellino al Patriarca di Aquileia Voldorico I.

In una preziosa struttura lignea del XVIII secolo, opera dell’intagliatore Matteo Deganutti, è inserito il più grande organo del Friuli, costruito da Pietro Nacchini. Prezioso è pure il lampadario ottocentesco, in legno intagliato e ferro battuto, decorato e dorato, alto più di tre metri, e composto di oltre 1500 pezzi smontabili (fiori, foglie, fregi, steli e angeli).

Adiacente alla chiesa si trovano il campanile, sopraelevato negli anni 1804-1822, il luminoso e suggestivo chiostro benedettino del 1548, con arcate a tutto sesto a sostegno della copertura, e l’antichissimo battistero.

Delle fortificazioni originarie è rimasto il possente torrione affacciato sulla vallata.

Informazioni


Abbazia di San Gallo

Colle di Santo Spirito

Moggio di Sopra – Moggio Udinese (UD)

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Castello di Arcano

Il più antico castello d’Arcano superiore in origine sorgeva poco distante dalla chiesetta di San Mauro, presso il fiume Corno; in seguito fu riedificato nel sito odierno, mentre un’altra fortificazione era stata eretta presso Arcano inferiore e fu distrutta nel XV secolo dai turchi.

Fin dal XII secolo i castelli furono affidati dal Patriarca ai Tricano, così chiamati per i tre cani neri dello stemma araldico. Il castello ha mantenuto inalterato il suo aspetto medievale con le cortine merlate alla guelfa, la doppia torre portaia e il possente mastio – tra i più grandi del Friuli – coronato da una fila di bifore tardo romaniche. Al suo interno si trovano una saletta affrescata da Andrea Urbani, i saloni con mobilia e armi d’epoca, camini e portali in marmi policromi opera del lapicida secentesco Raffaello de’ Raffaelli.

Attualmente abitato, è anche sede di una azienda agricola e vitivinicola dove vengono privilegiate colture di tipo biologico.

 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Località Arcano Superiore 11/C, Rive d’Arcano

Servizi: visite didattiche, azienda agricola, degustazioni enologiche, bed & breakfast, convegni, partecipa a Castelli Aperti

Eventi: a luglio il borgo ospita una rievocazione storica

Orari di apertura: sabato e domenica 15.30-18.30 (orario di inizio ultima visita)

Visite: per gruppi tramite l’ufficio visite del Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli Venezia Giulia – Tel.: 0432 288588; Fax: 0432 229790; visite@consorziocastelli.it

Informazioni: www.consorziocastelli.it

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Parco del Municipio

Il palazzo cittadino di Cristiano d’Attems Santacroce fu costruito nel 1740, su progetto attribuito a Nicolò Pacassi, che forse disegnò anche l’impianto del giardino, composto di una corte ornata da una vasta aiuola circolare, di un adiacente giardino all’italiana e di boschetti lungo i margini. La proprietà, pervenne prima in mano ai conti Thun nel 1796 e poi, nel 1820, in quelle dell’imprenditore tedesco Gian Cristoforo Ritter – proprietario dell’attigua raffineria di zuccheri – che, tra il 1826 e il 1829, ristrutturò l’edificio secondo linee di gusto neoclassico; anche il giardino fu riformato in stile inglese, mantenendo tuttavia l’assialità tra il palazzo e il tempietto.

Nella seconda metà del XIX secolo il giardino era tra i più rinomati della città per le sue piante: camelie, rose, sempreverdi, una sequoia e un’aranciera.

L’intera proprietà fu ceduta al Comune di Gorizia nel 1907 che ne fece la sede municipale.

 
 
 
 
 
 
 
 

Informazioni


Indirizzo: Piazza del Municipio 1, Gorizia

Superficie totale: 0,96 ha

Impianto planimetrico: sterrato con aiuola circolare, a schema irregolare (corte), naturalistico-informale (giardino)

Condizione giuridica: proprietà pubblica, Comune di Gorizia

Peculiarità scenografiche e compositive: aiuole, fontana, statue, tempietto monoptero, vialetti

Specie botaniche di rilievo: bagolaro, bosso, platano, tiglio

Orari di apertura: sempre aperto

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Provincia di Trieste

La provincia di Trieste si sviluppa in una sottile striscia di terra lunga circa 30 km, stretta tra il mare Adriatico e il Carso. Si affaccia sull’ampio golfo che accoglie la città di Trieste e un’alternanza di baie, porticcioli e scogliere mozzafiato con castelli a picco sul mare, come quelli di Miramare e di Duino. Alle spalle la protegge l’aspro paesaggio carsico, dove si possono ammirare grandiosi spettacoli naturali come la Grotta Gigante o la Dolina di Percedol, una valle ricca di rigogliosa vegetazione. Dall’altipiano carsico, con le sue grotte, alle suggestive foci del Timavo, alla riserva marina del Parco di Miramare; dalle falesie di Duino, vicino al Castello, alle riserve naturali del Monte Lanaro, del Monte Orsario e della Val Rosandra, la natura di questo lembo di terra è unica in ogni stagione.

Ma il fascino del territorio oltrepassa gli aspetti naturalistici: l’elegante città d’arte di Trieste, dov’è evidente l’eredità culturale asburgica, i paesini carsici con le loro tradizioni e perfino le piccole località turistiche costiere costituiscono grandi tesori custoditi in questo piccolo lembo di terra.

Trieste deve il suo fascino al suo essere città di frontiera e insieme porto di mare, che ha portato al sovrapporsi e incrociarsi di popoli e culture molto diversi: grazie alle sue eredità italiana, mediterranea, mitteleuropea e slava, Trieste ha una ricchezza culturale che si palesa immediatamente al visitatore tramite i suoi splendidi edifici che rispecchiano tutti gli stili delle varie epoche, dalla romana al neoclassico al razionalismo, e tramite le chiese appartenenti a tutte le religioni praticate dai diversi popoli che qui hanno trovato casa. Non bisogna poi tralasciare di visitare i suoi caffè storici, che han visto passare la storia di questa città e che sono ancora luogo d’incontro fondamentale, insieme ai buffet dove si gusta la tipica cucina locale.

Anche la cucina naturalmente è un incrocio di sapori, dalla Mitteleuropa al mare: di tradizione mitteleuropea sono la jota (minestra di fagioli, crauti e patate), i gnochi de pan e i gnochi de susini e i capuzzi (crauti). La cucina di pesce ha tradizioni tipicamente venete, come i sardoni in savor.

Anche i dolci sono per lo più di tradizione austroungarica e veneta: presnitz (dolce di sfoglia e frutta secca) e putizza (pasta morbida ripiena di frutta secca), strucolo de pomi (strudel di mele), strucolo cotto (strudel di noci), crostoli (chiacchiere veneziane), krapfen (bomboloni alla marmellata o alla crema), fritole (specie di piccola frittella) e pinza (un pane dolce).

Infine i vini: Terrano, Malvasia e Refosco, coltivati sul Carso, stanno diventando sempre più rinomati. È stata istituita pure la Strada del Terrano, che attraversa gran parte della provincia sull’altipiano carsico, da Opicina a Sistiana, portando nei luoghi della produzione vinicola. Le osmize (da “osem”, otto in sloveno), segnalate sul Carso da un ramo verde, risalgono ad un editto dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria che consentiva ai contadini la vendita diretta di vino e di altri prodotti agricoli di propria produzione per la durata di otto giorni. Vi si trovano prosciutto crudo e cotto, salame, il tipico formaggio Tabor, uova sode e, naturalmente, il vino.

 

 

 

CULTURA
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